Si richiama l’attenzione sulla Circolare 26 novembre 2009, n. 36 con cui il Ministero del Lavoro fornisce chiarimenti ed istruzioni operative alle strutture territoriali ed all’utenza sull’istituto della Conciliazione monocratica disciplinato dall’ art. 11, D.Lgs. n. 124/2004 ,che risulta valorizzato dalla Direttiva del Ministro del 18 settembre 2008 quale strumento finalizzato alla rapida definizione dei conflitti di lavoro ,ma di cui i dati statistici dimostrano ancora una insufficiente diffusione , con evidenti ricadute negative, sia sotto il profilo della concreta deflazione del contenzioso, che della tutela immediata degli interessi sostanziali dei lavoratori.
Scopo della circolare è soprattutto quello di contribuire all’interpretazione dei corretti presupposti di attivazione dell’istituto ed alle modalità gestionali dello stesso, con l’obiettivo di assicurare anche una indispensabile uniformità di comportamento degli Uffici su tutto il territorio nazionale , superando ogni chiarimento e indicazione forniti in precedenza ove non espressamente richiamati.
Al riguardo viene affermato che l’Amministrazione è interessata a pervenire ad un significativo incremento della definizione delle richieste d’intervento attraverso l’istituto della conciliazione rnonocratica preventiva, rispetto a quelle definite a seguito di accertamenti ispettivi.
In linea con le indicazioni della Direttiva, si premette che “fa semplice presentazione agli Uffici della richiesta d’intervento” non costituisce una istanza in senso tecnico, “riconducibile all’articolo 2, comma 1, della legge n. 241 del 1990” e pertanto “non comporta per l’Amministrazione l’obbligo di dare necessariamente corso alla verifica ispettiva”.
Pertanto viene sottolineato che le Direzioni del lavoro potranno prendere in considerazione soltanto le richeste d’ intervento che non appaiano palesemente pretestuose ,oggettivamente inattendibili e prive di ogni fondamento,tenendo presente il tentativo di conciliazione monocratica preventiva deve costituire la via assolutamente privilegiata di definizione della vicenda segnalata, mentre alla stessa potrà seguire un intervento ispettivo solo laddove il tentativo di conciliazione non sia andato a buon fine.
Invece risulta necessario procedere direttamente all’accesso ispettivo limitatamente alle richieste d’intervento caratterizzate dalla denuncia di irregolarità significativamente gravi e incisive, vale a dire quelle che:
– rivestano diretta ed esclusiva rilevanza penale;
– interessino altri lavoratori oltre al denunciante ;
– riguardino fenomeni di elusione particolarmente diffusi sul territorio di riferimento;
– abbiano ad oggetto esclusivamente profili di natura contributiva, previdenziale ed assicurativa.
Per esemplificare ,la circolare in riferimento alla prima delle tipologie sopra elencate chiarisce che il tentativo di conciliazione monocratica deve essere escluso solo laddove la richiesta di intervento riguardi direttamente fattispecie che integrino gli estremi di un reato (ad es. in caso di adibizione di lavoratrici madri a lavoro notturno, d’impiego di cittadini extracomunitari privi di permesso di soggiorno o di minori illegalmente immessi al lavoro ,mentre ritiene del tutto corretto il ricorso allo strumento conciliativo nei diversi casi in cui la fattispecie rappresentata potrebbe avere solo eventualmente implicazioni sul piano penale (ad es. lavoro nero in relazione alla omessa sorveglianza sanitaria).
Per quanto concerne la seconda delle ipotesi prima elencate,, ossia le richieste di intervento che interessano altri lavoratori oltre al denunciante,il Ministero afferma che l’Ufficio dovrà privilegiare il ricorso alla conciliazione monocratica quando tale coinvolgimento sia solo eventuale o ipotetico. L’accesso ispettivo sarà viceversa preferibile laddove le irregolarità denunciate coinvolgano inequivocabilmente altri lavoratori e abbiano ad oggetto fenomeni di rilevante impatto sociale. Se, però, i lavoratori coinvolti sono tutti identificabili nominativamente si potrà procedere ad appositi tentativi di conciliazione monocratica attivati d’ufficio anche per i lavoratori indicali dall’unico denunciante .
Soffermandosi sull’esperimentodel tentativo di conciliazione monocratica,la circolare ministeriale confida anzitutto nel più ampio coinvolgimento del personale ispettivo nello svolgimento dell’attività conciliativa ,nel senso che pur potendo detta attività continuare ad essere svolta anche dal personale amministrativo, l’obiettivo è tuttavia quello di coinvolgere – con la sola esclusione dei militari del Nucleo Ispettorato del Lavoro dell’Arma dai Carabinieri – il numero più alto possibile di unità ispettive.
Detto questo, le indicazioni del Ministero si soffermano sul profilo strettamente procedurale, osservando quanto segue :
1) ricevuta la richiesta d’intervento, occorre necessario informare il lavoratore denunciante della possibilità di definire la controversia mediante conciliazione monocratica, segnalandogli la competenza territoriale della Direzione provinciale del lavoro titolare degli eventuali accertamenti ispettivi, nonché avvisandolo, così come disposto nell’art. 11, comma 2, D.Lgs. n. 124/2004, della possibilità di “farsi assistere anche da associazioni o organizzazioni sindacali ovvero da professionisti cui abbiano conferito specifico mandato” ;
2) l’eventuale dissenso preventivo comunicato dal lavoratore, in qualunque sede e con qualsiasi modalità esso venga manifestato (Ufficio dell’ispettore di turno, richiesta d’intervento inoltrata alla Direzione provinciale del lavoro, anche per il tramite delle organizzazioni sindacali) non deve rappresentare comunque un elemento preclusivo al tentativo di conciliazione monocratica ,risultando consentita anche in tal caso convocazione delle parti per tentare una soluzione conciliativa della controversia ;
3)effettuata l’apposita convocazione ,alle parti è data favcoltà di presentarsi al tentativo di conciliazione monocratica personalmente, con o senza assistenza sindacale o professionale, oppure essere rappresentate da persone munite di apposita e valida delega a transigere e conciliare ;
4) per quanto riguarda le conseguenze del mancato accordo tra le parti, è necessario distinguere l’ipotesi in cui ciò derivi dal comportamento del lavoratore rispetto a quella in cui sia ascrivibile alla condotta del datore di lavoro:
– nel primo caso, non consegue necessariamente l’attivazione dell’accertamento ispettivo, soprattutto in assenza di elementi utili ad un possibile riscontro dei fatti denunciati;
– nel secondo, invece, a seguito della indisponibilità a conciliare del datore di lavoro, si ritiene necessario procedere all’accesso ispettivo nel più breve tempo possibile ;
5) Nel corso della procedura conciliativa il funzionario è tenuto ad illustrare alle parti, anche separatamente, le possibili conseguenze dell’avvio del procedimento ispettivo, sia in termini di effetti, sia in termini di tempistica in ordine alla definizione degli accertamenti evidenziando al :
– lavoratore i vantaggi che la soluzione conciliativa comporta in termini di celerità e di concreta soddisfazione delle pretese creditorie ,
– al datore di lavoro sia le conseguenze derivanti dal mancato raggiungimento dell’accordo – ossia l’attivazione del procedimento ispettivo – sia, in particolare, i benefici che derivano dal raggiungimento dello stesso, tanto sul piano sanzionatorio quanto su quello contributivo ;
6) viene sottolineato che , così come stabilito dall’art. 11. comma 4. del D.Lgs n. 124/2004. l’accordo conciliativo deve prevedere in ogni caso il riconoscimento di un periodo lavorativo intercorso tra le parti. Non potranno, quindi, concludersi conciliazioni monocratiche a carattere novativo, che si risolvano nella corresponsione di una somma di denaro da parte del datore di lavoro a mero titolo transattivo (cd. “a saldo e stralcio”) ;
7) inoltre viene ricordato che il funzionario conciliatore può non sottoscrivere l’accordo raggiunto dalle parti qualora appaia manifestamente volto ad eludere l’applicazione della tutela pubblicistica prevista a favore dei lavoratori oppure a precostituire false posizioni previdenziali ,mentre le dichiarazioni verbalizzate in sede di conciliazione monocratica non possono, evidentemente, essere utilizzate a scopi diversi da quelli conciliativi ed in particolare per finalità connesse al procedimento ispettivo.
A proposito degli effetti dell’accordo,le indicazioni ministeriali prevedono che :
a) l”estinzione del procedimento ispettivo, soggettivamente limitata alle parti dell’accordo, si realizza con il raggiungimento dell’accordo stesso, seguito dagli adempimenti di cui all’art. 11, comma 4. del D.Lgs. n. 124/2004 ;
b) il mancato adempimento all’obbligo del versamento degli importi contributivi, nella misura e nei modi concordati, segnalato dagli Istituti creditori, determina l’immediata attivazione della procedura ispettiva ;
c)la definizione della conciliazione monocratica con la previsione del versamento in misura differita o rateizzata delle somme di natura patrimoniale spettanti al lavoratore comporta che il procedimento ispettivo si estingue, esclusivamente, con il pieno soddisfacimento del credito concordato e del definitivo adempimento dovrà essere data comunicazione alla Direzione provinciale del lavoro. Pertanto, oltre alle ipotesi in cui il debito patrimoniale sia adempiuto contestualmente alla sottoscrizione del verbale di conciliazione, nei casi di differimento o di rateizzazione del pagamento, sarà onere del datore di lavoro fornire all’Ufficio territoriale competente la dimostrazione dell’avvenuto integrale adempimento, entro il termine ultimo stabilito nel verbale di accordo ;
d) la mancata ottemperanza all’obbligo del versamento delle somme concordate in sede conciliativa sembra consentire, peraltro, al lavoratore l’attivazione della procedura esecutiva innanzi all’organo giudiziario, sulla base dell’accordo raggiunto. Va. infatti, evidenziato che il verbale di conciliazione, ai sensi dell’art. 474, comma 2, n. 3, c.p.c. rientra tra “gli atti ricevuti (….) da pubblico ufficiale autorizzato dalla legge a riceverli”.
Una specifica trattazione la circolare in esame dedica alla conciliazione monocratica a seguito di diffida accertativa ,in ordine alla quale si precisa che :
-la conciliazione monocratica, che eventualmente segua la notificazione di un provvedimento di diffida accertativa ai sensi dell’art. 12 del D.Lgs. n. 124/2004, non produce alcuna efficacia estintiva del procedimento ispettivo che, in tali ipotesi, peraltro, è stato già preventivamente avviato ;
– l’eventuale credito patrimoniale concordato in sede di conciliazione non può modificare l’importo della contribuzione previdenziale dovuta, che deve essere comunque commisurato al credito indicalo nella diffida accertativa.
Circa le sanzioni civili legate al mancato versamento contributivo,le istruzioni in commentoprevedono che il riconoscimento del debito patrimoniale e contributivo (previdenziale ed assicurativo) effettuato nella sede conciliativa, non presuppone un”accertamento” da parte degli organi ispettivi, bensì costituisce un’ipotesi di spontanea denuncia, che prescinde da qualsiasi contestazione o richiesta da parte degli Enti impositori. Pertanto, in conformità alla risposta all’interpello del 26 ottobre 2006, prot. n. 25/1/0005222, la conciliazione monocratica rientra fra le fattispecie di cui all’art. 116, comma 8, lett. h), ultimo periodo, della L. n. 388/2000, assimilandosi ad una ipotesi di “omissione” e non di “evasione” contributiva.
L’ultimo aspetto affrontato dalle istruzioni ministeriali concerne la conciliazione monocratica contestuale,in merito a cui viene ricordato che, ai sensi dell’art. 11, comma 6, del D.Lgs. n. 124/2004, nel corso dell’attività di vigilanza, è altresì possibile attivare un tentativo di conciliazione monocratica contestuale qualora emergano “elementi per una soluzione conciliativa della controversia”, dandone immediata notizia al Direttore della Direzione provinciale del lavoro di appartenenza, mediante apposita relazione.
A tal proposito si evidenzia che, anche in relazione alla conciliazione contestuale, valgono i medesimi presupposti delineati in precedenza ai fini sia della sua attivazione che degli esiti legati al raggiungimento o meno dell’accordo ,aggiungendo
che, ai sensi dello stesso art. 11, comma 6. del D.Lgs. n. 124/2004, il personale ispettivo è tenuto ad acquisire “il consenso delle le parti”, mediante apposita verbalizzazione. anche successiva al verbale di primo accesso ispettivo. Tale consenso, peraltro, potrà essere reso separatamente, per iscritto, a mezzo lettera raccomandata o mediante posta elettronica certificata, facendo espresso riferimento al verbale di primo accesso ispettivo.
Fatte le predette premessse ,si afferma che la conciliazione monocratica contestuale – in analogia con quanto previsto nella Direttiva del 18 settembre 2008 relativamente al provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale – possa trovare utile applicazione nel caso in cui l’azienda occupi un solo lavoratore (intendendosi per tale qualsiasi prestatore di lavoro, anche autonomo, a prescindere dalla tipologia contrattuale utilizzata) a meno che. in relazione agli elementi di prova acquisiti in occasione del primo accesso ispettivo ed alla loro capacità di “tenuta” in un eventuale contenzioso amministrativo o giudiziario, lo stesso non possa considerarsi “in nero”.