Sono state aggiornate dal Ministero del Lavoro e dall’Inps le domande più frequenti pervenute, nella prima fase di applicazione della disciplina, sul nuovo Indicatore della Situazione Economica Equivalente.
Portale ISEE 2015
Sono state aggiornate dal Ministero del Lavoro e dall’Inps le domande più frequenti pervenute, nella prima fase di applicazione della disciplina, sul nuovo Indicatore della Situazione Economica Equivalente.
Portale ISEE 2015
Sula Gazzetta Ufficiale del 29 maggio 2015 ,n.123 risulta pubblicato il decreto del mlps 8 aprile 2015 ,di determinazione per l’anno 2015 della misura massima percentuale della retribuzione di secondo livello oggetto dello sgravio contributivo previsto dall’art. 1, commi 67 e 68, della legge n. 247/2007,i cui aspetti si evidenziano di seguito:
1.Ripartizione del finanziamento degli sgravi contributivi
Le risorse per l’anno 2015 ,pari a 391 milioni di euro,sono ripartite nella misura del 62,5 per cento per la contrattazione aziendale e del 37,5 per cento per la
contrattazione territoriale
2.Ambito di applicazione
Con riferimento alle somme corrisposte nell’anno 2014, sulla
retribuzione imponibile di cui all’art. 27 del decreto del Presidente
della Repubblica 30 maggio 1955, n. 797, e successive modificazioni,
e’ concesso, con effetto dal 1° gennaio 2015, ai datori di lavoro,
uno sgravio contributivo sulla quota costituita dalle erogazioni
previste dai contratti collettivi aziendali e territoriali, ovvero di
secondo livello, nella misura del 1,60 per cento della retribuzione
contrattuale percepita
3.Indicazioni circa i contratti collettivi
I ccnl di secondo livello, devono:
a) essere sottoscritti dai datori di lavoro e depositati, qualora
il deposito non sia gia’ avvenuto, a cura dei medesimi datori di
lavoro o dalle associazioni a cui aderiscono, presso la Direzione
provinciale del lavoro entro trenta giorni dalla data di entrata in
vigore del presente decreto;
b) prevedere erogazioni correlate ad incrementi di produttivita’,
qualita’, redditivita’, innovazione ed efficienza organizzativa,
oltre che collegate ai risultati riferiti all’andamento economico o
agli utili della impresa o a ogni altro elemento rilevante ai fini
del miglioramento della competitivita’ aziendale.
Nel caso di contratti territoriali, qualora non risulti
possibile la rilevazione di indicatori a livello aziendale, sono
ammessi i criteri di erogazione legati agli andamenti delle impresedel settore sul territorio.
4.Casi esclusione decontribuzione
Lo sgravio contributivo non e’ concesso quando:
a)risulti che ai dipendenti siano stati attribuiti, nell’anno solare di
riferimento, trattamenti economici e normativi non conformi a quanto
previsto dall’art. 1, comma 1, del decreto-legge 9 ottobre 1989, n.
338, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 1989, n.
389., secondo cui ::La retribuzione da assumere come base per il calcolo dei contributi di previdenza e di assistenza sociale non puo’ essere inferiore all’importo delle retribuzioni stabilito da leggi, regolamenti, contratti collettivi, stipulati dalle organizzazioni sindacali piu’ rappresentative su base nazionale, ovvero da accordi collettivi o contratti individuali, qualora ne derivi una retribuzione di importo superiore a quello previsto dal contratto collettivo.
b) manca il rispetto delle condizioni di cui all’art. 1, comma
1175, della legge 27 dicembre 2006, n. 296,che impone ai datori di lavoro il rispetto “degli accordi e contratti collettivi nazionali nonché di quelli regionali, territoriali o aziendali, laddove sottoscritti, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”.
5.Procedure
Ai fini dell’ammissione allo sgravio di cui all’art. 2, comma 1,
i datori di lavoro, anche per il tramite dei soggetti di cui all’art.
1, commi 1 e 4, della legge 11 gennaio 1979, n. 12, inoltrano, a
decorrere dalla data di pubblicazione del presente decreto ed
esclusivamente in via telematica, apposita domanda all’INPS,contenente gli elementi precisati nell’art 3 del decreto in questione , anche con riferimento ai lavoratori iscritti ad altri enti previdenziali,
secondo le indicazioni fornite dall’Istituto medesimo.
6.Modalita’ di ammissione
1L’ammissione allo sgravio di cui all’art. 2, comma 1, avviene a
decorrere dal sessantesimo giorno successivo a quello fissato
dall’INPS quale termine unico per la trasmissione delle istanze.
A tal fine, l’Istituto attribuisce a ciascuna domanda un numero
di protocollo informatico
Ai fini del rispetto del limite di spesa di cui all’art. 1,
l’INPS, ferma restando l’ammissione di tutte le domande trasmesse,
provvede all’eventuale riduzione delle somme richieste da ciascuna
azienda e lavoratore, in misura percentuale pari al rapporto tra la
quota complessiva eccedente il predetto limite di spesa e il limite
di spesa medesimo, dandone tempestiva comunicazione ai richiedenti
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Il messaggio aggiunge che parimenti non è da considerare evento interruttivo la collocazione in CIG in deroga, che mantiene lo stato di sospensione attribuendone il finanziamento ad un fondo di natura non contributiva,pur se la condizione di sospensione per intervento della CIG in deroga non può prevedere il rimborso delle relative quote di TFR maturate ,in quanto non sussiste alcuna norma che lo preveda specificamente.
Conclusivamente l’Inps affermè che pertanto va riconosciuto il rimborso delle quote di TFR maturate durante l’intervento della CIGS (per tale solo periodo) ,anche nel caso in cui sopravvenga il licenziamento del lavoratore dopo un ulteriore periodo di CIG in deroga fruito senza soluzione di continuità dopo la conclusione del periodo di CIGS autorizzato.
La suddetta posizione dell’Inps ,però’ , non risulta confermata dal giudice del lavoro di Brindisi ,che con la sentenza 805 del 20/5/2015,(commentata su Italia Oggi del 29 maggio 2015) ha chiarito su chi gravi l’onere del pagamento del tfr per i periodi d’integrazione salariale straordinaria in deroga, nell’ipotesi in cui, al termine del periodo, il lavoratore non sia stato riassorbito.
Si riporta il testo del Messaggio 27 maggio 2015, n. 3576 ,contenente chiarimenti sulle modalità di rilascio dell’attestazione ISEE.relativa alle Prestazioni a sostegno reddito ed alle Prestazioni sociali agevolate
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Approvato da parte del Consiglio generale di Confprofessioni il CCNL degli studi professionali, che dà il via libera all’ipotesi di rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro degli studi professionali, sottoscritta il 17 aprile 2015 da Confprofessioni con le organizzazioni sindacali dei lavoratori del settore (Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs)
Tra le novità del CCNL citiamo:
In generale gli argomenti trattati riguardano:
Il CCNL decorre dal 1° aprile 2015 e scade il 31 marzo 2018
Tra le disposizioni contenute nel dec.legvo n.23/15 ,relstivo alle tiìutele crescenti nei licenziamenti figura quelle dell’art.6 , riguardanti l’offerta di conciliazione.
Infatti si prevede che per evitare di andare in giudizio ,si potrà fare ricorso alla nuova conciliazione facoltativa incentivata.
In questo caso il datore di lavoro offre una somma esente da imposizione fiscale e contributiva pari ad un mese per ogni anno di servizio, non inferiore a due e sino ad un massimo di diciotto mensilità.
Con l’accettazione il lavoratore rinuncia alla causa.
Pertanto,in caso di licenziamento dei lavoratori assunti dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo in esame come operai ,impiegati o quadri , al fine di evitare il giudizio e ferma restando la possibilità per le parti di addivenire a ogni altra modalità di conciliazione prevista dalla legge, il datore di lavoro può offrire al lavoratore, entro i termini di impugnazione stragiudiziale del licenziamento( 60 giorni dal ricevimento della comunicazione di licenziamento ) , in una delle sedi di cui all’articolo 2113, comma 4, cod. civ.,(Giudice lavoro,Commissione Provinciale di Conciliazione ed in sede sindacale) ed all’articolo 82, comma 1, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276(Commissioni di certificazione), un importo che non costituisce reddito imponibile ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e non è assoggettata a contribuzione previdenziale, di ammontare pari a una mensilità della retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapportper ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a due e non superiore a diciotto mensilità, mediante consegna al lavoratore di un assegno circolare. L’accettazione dell’assegno in tale sede da parte del lavoratore comporta l’estinzione del rapporto alla data del licenziamento e la rinuncia alla impugnazione del licenziamento ,anche qualora il lavoratore l’abbia già proposta.
Per i datori non imprenditori e per quelli che non raggiungono i requisiti dimensionali di cui all’art. 18, Statuto dei lavoratori – l’ammontare dell’importo è dimezzato e non può in ogni caso superare il limite delle 6 mensilità
Peraltro, si evidenzia che il comma 3 dell’art.6 del decreto stabilisce un sistema permanente di monitoraggio e valutazione ,come istituito a norma dell’articolo 1, comma 2, della legge 28 giugno 2012, n. 92, che assicura il controllo sull’attuazione della suddetta disposizione.
A tal fine la comunicazione obbligatoria telematica di cessazione del rapporto di cui all’articolo 4-bis dec.legvo n.181/2000 è integrata da una ulteriore comunicazione, da effettuarsi da parte del datore di lavoro entro 65 giorni dalla cessazione del rapporto, nella quale deve essere indicata l’avvenuta ovvero la non avvenuta conciliazione di cui al comma 1, la cui omissione è assoggettata alla medesima sanzione prevista per l’omissione della comunicazione di cui al predetto articolo 4bis.(sanzione amministrativa di importo variabile da 100 a 500 euro per ogni lavoratore interessato.)”
Stante la previsione che il modello di trasmissione della comunicazione obbligatoria deve essere riformulato in sede istituzionale ,si segnala la nota del MINISTERO LAVORO E POLITICHE SOCIALI – Nota 27 maggio 2015, n. 2788 ,contenente le specifiche istruzioni operative per provvedere alla comunicazione on line dell’offerta di conciliazione ,facendo uso del previsto modello telematico ,disponibile dall’1.6.2015 nella sezione ADEMPIMENTI ” del portale Cliclavoro ,denominata UNILAV CONCILIAZIONE .
Per effettuare tale comunicazione i datori di lavoro dovranno registrarsi al portale cliclavoro e accedere all’applicazione inserendo il codice di comunicazione rilasciato al momento della comunicazione di cessazione. Questo dato serve ad collegare l’offerta di conciliazione al rapporto di lavoro cessato (prima schermata).
Il sistema (seconda schermata) proporrà i dati presenti nel sistema, già comunicati con il modello “UNII_AV_Cess”, relativi a lavoratore, datore di lavoro, rapporto di lavoro e dovranno essere compilati solo i seguenti ulteriori campi:
– data di proposta dell’offerta di conciliazione;
– esito (SI/NO) di tale offerta
in caso di esito positivo:
– sede, tra quelle previste dalla normativa, presso la quale il procedimento di offerta viene effettuato;
– importo offerto;
– esito del procedimento (SI/NO), ovvero se il lavoratore ha accettato o meno l’importo offerto.
Da ultimo (terza schermata), il sistema dà la possibilità di visualizzare e stampare un riepilogo della comunicazione effettuata.
Con la sentenza sotto riportata ,la Suprema Corte nel respingere il ricorso aziendale circa il licenziamento illeggittimamente disposto ,ha affermato che l’aliunde perceptum, detraibile dall’indennità risarcitoria spettante, ex art. 18 l. n. 300 del 1070, al lavoratore illegittimamente licenziato in regime di tutela reale ed il cui rapporto di lavoro sia stato ricostituito senza soluzione di continuità, consiste in quelle utilità, patrimonialmente valutabili, che derivano al lavoratore in ragione del liberarsi di energie lavorative a causa della perdita del posto di lavoro. Vi rientrano tipicamente, ma non esclusivamente, le retribuzioni percepite in altra attività lavorativa che il lavoratore licenziato avvia potuto svolgere dopo la estromissione dal posto di lavoro, avendo egli trovato altra occupazione. Quindi non rientrano nell’aliunde perceptum quanto il lavoratore percepisce ,non già per aver impiegato le sue energie lavorative liberatesi per l’avvenuta estromissione dal posto di lavoro, bensì sulla base della disciplina del rapporto, proprio quale effetto naturale del recesso datoriale e della risoluzione del rapporto di lavoro: il trattamento di fine rapporto ed eventualmente anche l’indennità sostitutiva del preavviso non lavorato; emolumenti questi il cui pagamento da parte del datore di lavoro risulta indebito una volta accertata la illegittimità del licenziamento e ricostituita la continuità del rapporto di lavoro in regime di tutela reale, al pari dell’eventuale trattamento pensionistico (Cass., sez. lav., 23 gennaio 2009, n. 1707; Cass., sez. lav., 16 aprile 2008, n. 9988) o di mobilità (Cass., sez. lav., 28 aprile 2010, n. 10164). Ma il sopravvenuto carattere indebito di tale pagamento non consente al datore, peraltro in grado d’appello, di chiederne la detrazione dall’indennità risarcitoria o la restituzione. La detraibilità, nella specie, dell’indennità sostitutiva del preavviso non è configurabile perché non si tratta di aliunde perceptum nel senso sopra precisato; neppure la restituzione è configurabile come domanda nuova in appello, ammissibile solo se si tratta di restituzioni che dipendono dall’avvenuta esecuzione della sentenza di primo grado (Cass., sez. II, 9 ottobre 2012, n. 17227). Più in generale cfr. Cass., sez. lav., 22 aprile 2013, n. 9702, che ha chiarito che il regime di tutela reale ex art. 18 l. n. 300/1970 non è condizionato alla restituzione degli importi percepiti a titolo di competenze per fine rapporto, atteso che le due obbligazioni sono disomogenee e si pongono su piani diversi per la loro funzione.
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In ordine alla previsione del titolo si rinvia al contenuto del sottostante Messaggio
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Per chi ha più pensioni, ad esempio perché ha lavorato sia nel pubblico sia nel privato, il pagamento il primo giorno del mese stabilito dal Governo slitta a luglio.
Lo comunica l’INPS, che con il messaggio 3519/2015 fornisce le indicazioni sul versamento delle pensioni il primo del mese, come regola generale a partire da giugno. Si tratta, come noto, di una norma inserita nel decreto 65/2015, lo stesso con cui l’Esecutivo ha stabilito la restituzione dell’indicizzazione 2012 e 2013 in seguito alla sentenza della Corte Costituzionale, che ha bocciato il blocco delle rivalutazioni a suo tempo deciso dalla Riforma Fornero. L’obbligo di pagare tutte le pensioni il primo del mese è contenuto nell’articolo 6 del decreto.
Le nuove disposizioni smontano quanto aveva previsto la Legge di Stabilità (pagamento il 10 del mese per i trattamenti pensionistici risultanti da più gestioni INPS, INPDAP ed ENPALS. Adesso, per coloro che ricevono più assegni facenti riferimento a gestioni diverse, visti i tempi necessari per adeguarsi al dettato del decreto del Governo, il pagamento sarà effetuato sempre il primo del mese ma a partire da luglio.
«considerati i tempi ristretti tra la data di approvazione della norma e la prima data unica di pagamento» non è stato possibile unificare tutti i pagamenti, ma solo quelli relativi ai «titolari di più pensioni nell’ambito delle gestioni pubbliche (che erano effettuati il 16 del mese, ndr) e in quello dello spettacolo e dello sport (che erano effettuati il 10 del mese, ndr), che venivano precedentemente effettuate in maniera disgiunta».
Se il primo del mese cade in un giorno festivo o non bancabile, il pagamento è posticipato al primo giorno utile successivo. Le stesse regole di unificazione si applicano anche ai trattamenti pensionistici pagati all’estero, con l’eccezione delle gestioni spettacolo e sportivi professionisti, che continueranno ad emettere l’assegno con cadenza bimestrale. Per le pensioni in pagamento all’estero è stata parificata la sola data di pagamento in attesa di completare l’integrazione del processo di pagamento delle pensioni estere di questi contribuenti.
Ad ogni modo, in base al decreto 65/2015 ricordiamo che dal 2017 i pagamenti saranno effettuati non più il primo giorno del mese ma il secondo.
Fonte: messaggio INPS 3519/2015
Si avvicina il primo appuntamento del 2015 con l’IMU e, aspettando il 16 giugno, l’IFEL illustra brevemente le modalità di esenzione dall’imposta municipale unica per i terreni montani e parzialmente montani, dopo le modifiche del DL n. 4/2015, convertito con legge n. 34/2015. Si tratta del decreto che ha anche modificato i criteri di esenzione IMU per i terreni agricoli, precedentemente stabiliti con il decreto interministeriale del 28 novembre 2014 il quale prendeva in considerazione la sola altitudine al centro del Comune.
Il nuovo decreto ha quindi stabilito che sono esenti dall’IMU, a partire dall’anno 2015, i terreni agricoli e quelli non coltivati:
Quest’ultima esenzione spetta anche nel caso in cui un CD o IAP iscritto alla previdenza agricola conceda il terreno in comodato o in affitto a CD o IAP.
Secondo l’interpretazione fornita dall’IFEL, la dichiarazione IMU il cui termine per la presentazione è fissato al 30 giugno dell’anno successivo a quello in cui sono intervenute variazioni cui consegue un diverso ammontare dell’imposta dovuta, pur essendo obbligatoria anche per i casi di esenzione, non deve essere inviata nei casi di esenzione oggettiva (terreni ubicati nei Comuni totalmente montani o nelle isole minori) essendo le informazioni necessarie al controllo dell’imposta ricavabili dalla banca dati catastale. Diversamente, per i terreni situati nei Comuni parzialmente montani, la presentazione della dichiarazione appare necessaria, qualora sussistano le condizioni previste per l’esenzione e la qualifica del possessore non sia stata in passato già dichiarata al Comune. (Fonte: IFEL – Nota 20 Maggio 2015).