Archive for settembre 2012

PARERE MINISTERO INTERNO SU TELESORVEGLIANZA E PORTIERATO

30/09/2012

L’attività di telesorveglianza si esplica nel gestire a distanza segnali di allarme relativi a beni mobili o immobili allo scopo di promuovere l’intervento delle guardie giurate. E’ quanto ha ribadito il Ministero dell’Interno in risposta ad un quesito dell’ASSIV in merito ad aspetti riguardanti l’applicazione del D.M. n. 269/2010.

Il Ministero dell’Interno ha poi sottolineato che alle apparecchiature che gestiscono i segnali di allarme devono essere destinate esclusivamente guardie giurate in quanto, come osservato dal Consiglio di Stato sin dal 1976 (cfr. parere nr. 1362 del 16.1.76), l’attività posta in essere assume le caratteristiche tipiche della vigilanza privata e, quindi, conseguentemente, necessita della relativa autorizzazione e gli operatori devono essere in possesso del decreto di guardia particolare giurata.

L’altro aspetto oggetto del quesito riguarda l’attività di portierato-reception. Su questo punto  il Ministero dell’Interno ha richiamato il punto 3.B.1 dell’Allegato D del D.M. n. 269/2010 precisando la differenza tra i servizi di portierato e quelli di vigilanza privata. In particolare, il Ministero ha chiarito che già a partire dal contratto stipulato deve emergere che i compiti affidati ai portieri consistono esclusivamente in quella mera vigilanza passiva che anche la giurisprudenza ritiene tipica dell’attività di portierato. Non a caso, infatti, il D.M. n. 269 prevede che in orario notturno e, comunque al di fuori dell’orario di apertura al pubblico, la vigilanza è affidata alle guardie giurate.

Il Ministero dell’Interno ha concluso ricordando che l’esercizio delle attività di telesorveglianza e portierato-reception in difetto di autorizzazione è punito ai sensi dell’art. 140 del T.U.L.P.S. e ai sensi dell’art. 110 del c.p. per la fattispecie del concorso di persone nel reato, quando ne ricorrono le circostanze previste dal codice penale.

Per il testo integrale del parere ministeriale cliccare sul link:http://www.assiv.it/wp-content/uploads/2012/09/Risposta_quesito_Telesorveglianza_Portierato.pdf

CIRCOLARE MINISTERO INTERNO RESPONSABILITA’ IMPRESA AUTOTRASPORTI

30/09/2012

Si richiama l’attenzione sulla circolare del Ministero Interno  Prot. n. 300/A/4688/12/111/20/3 del 20 giugno 2012 con il seguente OGGETTO: Regolamento (CE) 561/ 2006, articolo 10, responsabilità dell’ Impresa di trasporto. Applicazione dell’articolo 174, comma 14, del Codice della Strada,in cui si prevede quanto segue.

Con riferimento alla nota 28/03/2012, stesso oggetto, che si allega in copia per gli Uffici cui la presente è diretta per conoscenza (All. n. 1), nel confermare la totale disponibilità di questa Direzione a qualsivoglia iniziativa di carattere legislativo avente lo scopo di attenuare il rigore sanzonatorio conseguente all’ applicazione del cumulo materiale delle sanzioni alle imprese che, in violazione del comma 14, articolo 174, organizzano il lavoro dei propri dipendenti o comunque non effetuano quell’ attività di istruzione e di controllo volta ad impedire il superamento dei periodi di guida e la non effettuazione dei periodi di riposo, si ritiene tuttavia di non poter condividere, a legislazione vigente, le conclusioni cui giugne codesta Associazione.

Per testo integrale si rinvia al seguente link:http://www.asaps.it/nuovo/downloads/files/2012_SERV_POLST_%20n_4668.pdf

PRONTO DECRETO PER INIDONEI INSEGNAMENTO

30/09/2012

Secondo le notizie della stampa quotidiana ,il decreto del Miur relativo all’argomento del titolo,  gia’  predisposto,risulta   rimesso  alla firma del Ministro dell’Economia ,cui seguira’  la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

Di seguito si riportano alcune anticipazione circa  le asserite  previsioni del medesimo.

Tra le  diverse novità ,la più importante delle quali è quella che non esclude la possibilità di un rientro nel ruolo docente anche dopo l’inquadramento nel ruolo Ata.

Risulta   confermato  che tanto i docenti inidonei quanto quelli titolari delle classi C555 e C999 devono transitare nei ruoli del personale Ata con la qualifica di assistente amministrativo o tecnico di cui al vigente contratto collettivo nazionale scuola, sottoscritto il 29 settembre 2007, con la precisazione che per il personale delle classi C555 e C999 i profili professionali di inquadramento saranno assegnati in base al titolo di studio posseduto.

L’inquadramento nell’area contrattuale del personale Ata, con decorrenza 1° settembre 2012, sarà disposto a cura del competente direttore generale.

Limitatamente ai docenti inidonei si precisano le modalità per l’immissione in ruolo su tutti i posti vacanti e disponibili e quelle per l’attribuzione della sede di servizio anche in caso di concorrenzialità tra più aspiranti.

I docenti appartenenti alle classi C555 e C999, già in possesso dell’abilitazione all’insegnamento per classe di concorso diversa rispetto a quella di appartenenza ovvero di titolo di studio valido per altro posto di insegnamento tecnico-pratico potranno essere inquadrati nella nuova classe di concorso con sede provvisoria, a decorrere dal 1° settembre 2012.

Potranno partecipare a corsi di riconversione professionale e partecipare nel corso dell’anno scolastico 2012/2013 ai corsi per l’acquisizione del titolo di specializzazione per l’insegnamento su posti di sostegno. Acquisito il titolo, al momento del crearsi delle condizioni per l’immissione in ruolo, cesseranno di appartenere al ruolo Ata e saranno nuovamente inquadrati in quello del personale docente.

Successivamente all’immissione nel ruolo del personale Ata, prevaletemente con compiti amministrativi presso le segreterie, i docenti potranno transitare presso amministrazioni pubbliche in cui possono essere proficuamente utilizzate le professionalità possedute. Il transito sarà consentito nel rispetto delle procedure previste per le amministrazioni di destinazione. Se già in servizio presso gli uffici dell’amministrazione centrale e periferica potranno essere utilizzati, per continuità dell’azione amministrativa ovvero per esigenze di carattere organizzativo e funzionale, nei medesimi uffici fino a nuova disponibilità di posti. Potranno inoltre rientrare nei ruoli del personale docente qualora la commissione medica operante presso le aziende sanitarie locali accerti la intervenuta idoneità all’insegnamento. In tale caso la sede di titolarità sarà attribuita secondo le procedure e le modalità stabilite per la mobilità del personale docente. La visita medico collegiale dovrà essere chiesta dall’interessato.

Il personale dichiarato permanentemente inidoneo all’insegnamento ma idoneo ad altri compiti, se in possesso alla data di pubblicazione del decreto dei requisiti previsti dalla normativa vigente per il diritto al trattamento pensionistico (nel 2012, 66 anni di età o 41 anni di contributi se donna e 42 se uomo), potrà presentare istanza di cessazione dal servizio anche al di fuori dei termini annualmente definiti con decreto ministeriale e cessare dal servizio anche in corso di anno scolastico.

Nel nuovo decreto non si fa, invece, alcun riferimento   agli inidonei di essere dispensati dal servizio per motivi di salute secondo le modalità previste dalla normativa vigente al momento della domanda( almeno 15 anni di contribuzione indipendentemente dall’età anagrafica).

FAQ AGENZIA ENTRATE STUDI SETTORI NON PRESENTATI

30/09/2012

Si richiama l’attenzione sul Comunicato sottostante del 17 settembre 2012 con cui l’Aenzia Entrate riporta alcune faq in merito all’argomento precisato nel titolo

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I contribuenti che iniziano e chiudono un’attività nello stesso anno, non soggetti agli studi di settore, sono tenuti a inserire in dichiarazione solo la causa di esclusione relativa all’inizio dell’attività (codice 1) e a presentare, se previsto, il modello Ine (Indicatori di normalità economica). L’Agenzia delle Entrate, in generale, non può mai rettificare autonomamente la dichiarazione del contribuente, che deve sempre presentare un’integrativa. I chiarimenti, contenuti nelle “Faq” – pubblicate sul sito http://www.agenziaentrate.it – sciolgono i dubbi dei contribuenti che hanno ricevuto nei mesi scorsi degli inviti a presentare i modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini degli studi di settore a seguito delle modifiche alle sanzioni per l’omessa presentazione.

La correzione passa per l’integrativa – Nel caso in cui il contribuente abbia commesso degli errori nella compilazione dei dati sugli studi in Unico 2011, ad esempio non indicando la causa di inapplicabilità, deve necessariamente presentare una specifica dichiarazione integrativa. L’Agenzia delle Entrate, infatti, non può correggere autonomamente la dichiarazione presentata.

Apertura e chiusura nello stesso anno, porta sbarrata agli studi – Chi abbassa le saracinesche nello stesso anno in cui aveva aperto l’attività non deve presentare il modello studi di settore, rientrando in due dei casi in cui è esclusa l’applicazione degli studi previsti di settore (articolo 10 della legge n. 146/1998). Dovrà invece presentare, se previsto, il modello Ine.

Impresa e professione, lasciapassare per gli studi – L’imprenditore agricolo che, nel 2010, ha svolto sia un’attività rientrante negli studi, con la quale ha prodotto reddito agrario, sia un’attività di commercio al dettaglio, con cui ha realizzato reddito d’impresa, era tenuto a presentare il modello studi solo relativamente all’attività commerciale. I risultati derivanti dall’applicazione degli studi di settore, infatti, possono essere usati ai fini dell’accertamento solo riguardo ai redditi derivanti da attività d’impresa e dall’esercizio di arti e professioni. Analogamente, il dipendente che svolge anche attività di lavoro autonomo sarà soggetto agli studi solo riguardo al reddito proveniente dall’esercizio di arti e professioni.

Cooperative ed Enti non commerciali, il modello studi è “out” – La cooperativa che, nel 2010, ha svolto la propria attività esclusivamente nei confronti dei propri soci non doveva presentare il modello studi ma, se previsti, esclusivamente i parametri, barrando l’apposita casella nel primo rigo del quadro RF di Unico. Analogamente non sono soggette a questo obbligo le cooperative a mutualità prevalente costituite da utenti non imprenditori e che operano esclusivamente a favore di questi ultimi. Nessun modello per gli enti non commerciali, che hanno esercitato un’attività fuori dagli studi di settore: il segnale di warning, in questo caso, non fa scattare nessuna comunicazione di anomalia.

Dai centri benessere al commercio di carburante, a domanda risposta – Nelle Faq pubblicate oggi, l’Agenzia scioglie i dubbi dei contribuenti anche su altre questioni, come quella posta da una catena di centri benessere e da un commerciante di carburante per autotrazione in merito all’obbligo di presentazione e alle modalità di compilazione del modello studi.

PUBBLICATO DECRETO LEGGE IN MATERIA SANITARIA

30/09/2012

Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 13 settembre il decreto legge n.158  del  13  .9. 2012 contenente disposizioni urgenti promuovere lo sviluppo del Paese mediante un piu’ alto livello di tutela della salute

Di seguito, nel dettaglio, le novità introdotte dal Decreto legge, nel Comunicato  del Governo:

  1. Assistenza sanitaria territoriale Si riorganizzano le cure primarie, nella consapevolezza che il processo di de-ospedalizzazione, se non è accompagnato da un corrispondente e contestuale rafforzamento dell’assistenza sanitaria sul territorio, determina di fatto una impossibilità per i cittadini di beneficiare delle cure. I punti qualificanti del riordino delle cure primarie sono:
    • integrazione monoprofessionale e multiprofessionale per favorire il coordinamento operativo tra i medici di medicina generale, i pediatri di libera scelta, gli specialisti ambulatoriali, secondo modelli individuati dalle Regioni anche al fine di decongestionare gli ospedali;
    • ruolo unico ed accesso unico per tutti i professionisti medicine nell’ambito della propria area convenzionale al fine di far fronte alle esigenze di continuità assistenziale, organizzazione e gestione;
    • sviluppo dell’ICT quale strumento irrinunciabile per l’aggregazione funzionale e per l’integrazione delle cure territoriali e ospedaliere.
  2. Intramoenia Si introducono, dopo più di dieci anni, nuove norme in materia di attività professionale intramoenia dei medici, al fine di superare il regime provvisorio. Le aziende sanitarie devono procedere a una definitiva e straordinaria ricognizione degli spazi disponibili per le attività libero-professionali ed eventualmente possono, con un sistema informatico speciale, utilizzare spazi presso strutture sanitarie esterne, ovvero autorizzare i singoli medici a operare nei propri studi. Rilevante novità è che tutta l’attività viene messa in rete per dare trasparenza e avere tracciabilità di tutti i pagamenti effettuati dai pazienti, rendendo anche possibile un effettivo controllo del numero delle prestazioni che il professionista svolge sia durante il servizio ordinario, sia in regime di intramoenia. E’ previsto che parte degli importi riscossi saranno destinati, oltre che per i compensi dei medici e del personale di supporto, anche per la copertura dei costi sostenuti dalle aziende.
  3. Medicina difensiva Si regola la responsabilità professionale di chi esercita professioni sanitarie per contenere il fenomeno della cosiddetta “medicina difensiva” che determina la prescrizione di esami diagnostici inappropriati al solo scopo di evitare responsabilità civili, con gravi conseguenze sia sulla salute dei cittadini, sia sull’aumento delle liste di attesa e dei costi a carico delle aziende sanitarie. Nel valutare la responsabilità dei professionisti si terrà conto della circostanza che essi abbiano svolto la prestazione professionale secondo linee guida e buone pratiche elaborate dalla comunità scientifica nazionale e internazionale. Viene inoltre costituito un Fondo per garantire idonee coperture assicurative finanziato con il contributo dei professionisti e delle assicurazioni, in misura percentuale sui premi incassati, comunque non superiore al 4 per cento.
  4. Trasparenza nella scelta di direttori generali e primari Le nomine dei direttori generali delle aziende e degli enti del SSR (Servizio Sanitario Regionale) vengono sottoposte a una nuova disciplina che privilegia il merito e tende a riequilibrare il rapporto tra indirizzo politico e gestione delle aziende sanitarie. Le Regioni infatti dovranno provvedere alla nomina dei DG attingendo ad un elenco regionale di idonei costituito a valle di una procedura selettiva che sarà svolta da una commissione costituita da esperti indipendenti, procedura a cui potranno accedere solo coloro che documenteranno, oltre ai titoli richiesti, un’adeguata esperienza dirigenziale nel settore. Saranno garantite idonee misure di pubblicità, anche sul web, dei bandi, delle nomine e dei curricula, oltre che di trasparenza nella valutazione degli aspiranti alla nomina. Per i primari (dirigenti, medici e sanitari di strutture complesse) viene istituita una procedura selettiva affidata a primari della stessa disciplina, ma non della stessa Asl, sorteggiati a livello nazionale. Il direttore generale dovrà scegliere il primario necessariamente entro la rosa dei primi tre candidati. Per consentire il sorteggio, saranno costituiti entro tre mesi elenchi regionali dei primari per singole discipline e l’ elenco nazionale sarà la sommatoria degli elenchi regionali.
  5. Nuovi Lea (Livelli essenziali di assistenza) Si aggiornano i Lea tenendo conto anche di nuove patologie emergenti con riferimento prioritario alla malattie croniche, alle malattie rare e al fenomeno della ludopatia.
  6. Promozione di più corretti stili di vita: limitazione vendita di prodotti del tabacco Si arricchisce il quadro normativo inerente alla lotta al fumo. È vietata la vendita dei prodotti da fumo ai minori di 18 anni (finora il limite era a 16 anni) con sanzioni per gli esercenti da 250 a 1000 euro, che passano da 500 a 2000 euro con la sospensione della licenza per tre mesi in caso di recidiva.
  7. Certificati per l’attività sportiva amatoriale A tutela della salute dei cittadini che svolgono un’attività sportiva non agonistica o amatoriale, il Decreto dispone l’obbligo di idonea certificazione medica, nonché la predisposizione di linee guida per l’effettuazione di controlli sanitari sui praticanti e per la dotazione e l’impiego, da parte di società sportive professionistiche e dilettantistiche di defibrillatori semi-automatici e di altri eventuali dispositivi salvavita.
  8. LudopatieSono state introdotte disposizioni per:
    • Limitare la pubblicità dei giochi con vincite in denaro con particolare riguardo alla tutela dei minori
    • Esplicitare le probabilità di vincita e il rischio di dipendenza dal gioco
    • Vietare l’accesso dei minori alle sale ovvero alle aree destinate al gioco
    • Effettuare controlli mirati per verificare il rispetto di norme a tutela dei minori
    • Rivedere, limitatamente alle nuove concessioni, anche su indicazione dei Comuni la dislocazione di punti di raccolta del gioco evitando la prossimità a luoghi sensibili (scuole, università, nosocomi, luoghi di culto).
  9. Sicurezza alimentare e sanità veterinaria Si introduce l’obbligo di avviso ai consumatori, con appositi cartelli affissi nei punti vendita, dei rischi connessi al consumo di latte crudo e pesce crudo. Viene vietata, inoltre, la somministrazione di latte crudo e crema cruda nell’ambito della ristorazione collettiva, anche scolastica. Sono previste misure sanzionatorie nei confronti delle Regioni che sono in ritardo nei programmi di contrasto alle malattie infettive e diffusive del bestiame. Per le Regioni inadempienti è prevista la nomina di appositi commissari. E’ previsto che, fatta salva la verifica della compatibilità comunitaria della misura, sia aumentato il contenuto di succo naturale di frutta dal 12 al 20 per cento nelle bevande analcoliche che utilizzano la denominazione della frutta medesima.
  10. Farmaci Sono previste misure finalizzate a garantire che i farmaci innovativi riconosciuti dall’AIFa come rimborsabili dal Ssn siano tempestivamente messi a disposizione delle strutture sanitarie di tutte le Regioni italiane. Viene disposto l’aggiornamento del Prontuario farmaceutico nazionale per eliminare farmaci obsoleti e avere più spazio per i farmaci innovativi. Si prevede la sperimentazione, da parte delle Regioni, di nuove modalità di confezionamento dei farmaci per eliminare sprechi di prodotto e meccanismi impropri di prescrizione e per facilitare la personalizzazione del confezionamento stesso. Viene completato il passaggio all’AIFA delle competenze in materia di sperimentazione clinica dei medicinali oggi ancora attribuite all’Istituto superiore di sanità, limitando contestualmente il proliferare dei comitati etici, prevedendo una gestione interamente telematica della documentazione sugli studi clinici. Le regole sulle autorizzazioni inerenti ai farmaci omeopatici sono precisate e semplificate, mantenendo le necessarie garanzie di qualità e sicurezza.
  11. Edilizia ospedaliera Vengono migliorate le norme che regolano il partenariato pubblico-privato in materia di edilizia sanitaria ampliando la possibilità di collaborazione tra investitore privato e azienda sanitaria pubblica. Per quanto attiene all’adeguamento della normativa antincendio, viene previsto che una quota-parte delle risorse statali dedicate all’adeguamento strutturale e tecnologico dei presidi sanitari venga utilizzata specificamente per il rispetto della stessa normativa antincendio, la quale viene anche semplificata per alcune tipologie di strutture sanitarie. Viene inoltre accelerato e facilitato l’utilizzo delle risorse, già destinate alla creazione di strutture socio-sanitarie, per trasferire i pazienti attualmente ospitati negli ospedali psichiatrici giudiziari di cui è stata recentemente stabilita per legge la chiusura definitiva.
  12. Istituto nazionale migrazioni e povertà (Inmp) Viene definitivamente stabilizzata l’operatività di questo Istituto vigilato del Ministero della Salute, con programmi d’intervento a carattere interregionale per operare nelle situazioni di maggior disagio sanitario legato alla povertà e ai fenomeni migratori.
  13. Ricerca sanitaria Si stabiliscono nuove regole per il riconoscimento e la conferma degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico.
  14. Assistenza al personale navigante Viene completato il processo di trasferimento delle competenze per l’assistenza ai marittimi e al personale dell’aviazione civile dal Ministero della Salute alle Regioni.

Per il testo integrale bdel decreto legge si rinvia al seguente link:http://www.gazzettaufficiale.it/guridb/dispatcher?service=1&datagu=2012-09-13&task=dettaglio&numgu=214&redaz=012G0180&tmstp=1349008224604

DIRETTIVE DIPARTIMENTO F.P. CIRCA RIDUZIONE DOTAZIONI ORGANICHE PP.AA.

27/09/2012

L’argomento di cui al titolo risulta disciplinato dal decreto legge n.95/12,convertito con modificazione in legge n.135/12.In particolare l’art.2 di detto provvedimento legislativo ,piu’ noto con  la denominazione “spending review” ,prevede che:

“Art. 2 Riduzione delle dotazioni organiche
delle pubbliche amministrazioni1.  Gli  uffici  dirigenziali  e  le  dotazioni   organiche   delle
amministrazioni dello Stato, anche  ad  ordinamento  autonomo,  delleagenzie, degli enti pubblici non economici, degli  enti  di  ricerca,nonche’ degli enti pubblici di cui  all’articolo  70,  comma  4,  del
decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni ed integrazioni sono ridotti, con le modalita’ previste dal comma  5, nella seguente misura:
a) gli uffici dirigenziali, di livello  generale  e  di  livello  non generale  e  le  relative  dotazioni  organiche,  in  misura   noninferiore, per entrambe le tipologie  di  uffici  e  per  ciascuna dotazione, al 20 per cento di quelli esistenti;
b) le dotazioni organiche del personale non dirigenziale,  apportando un’ulteriore riduzione non inferiore al 10 per cento  della  spesa complessiva relativa al numero  dei  posti  di  organico  di  tale personale. Per gli enti  di  ricerca  la  riduzione  di  cui  alla presente  lettera  si  riferisce  alle  dotazioni  organiche   delpersonale non dirigenziale, esclusi i ricercatori ed i tecnologi.

In relazione a quanto precede ,si segnala che con atto n.  0037911 P-4. 17.1.7.4 Segretariato Generale del 24/09/2012,il Dipartimento della Funzione Pubbblica ha diramato alle pubbliche amministrazioni interessate apposite direttive con le istruzioni operastive da seguire ai fini delle riduzioni delle rispettive dotazioni organiche  

Per il testo integrale della circolare in questione si puo’ cliccare sul seguente link:http://www.funzionepubblica.gov.it/TestoPDF.aspx?d=29637

PARERE DIPARTIMENTO F.P.RIPROPORZIONAMENTO CONGEDO STRAORDINARIO ASSISTENZA INVALIDI CONDIZIONI GRAVITA’

27/09/2012

Il congedo straordinario previsto nel titolo  è disciplinato dall’art.42 ,comma 5,   del decreto legislativo n.151/01 ,che,novellato da ultimo   dalla legge n.183/10 e del dec.legvo n.119/11 ,stabilisce quanto segue:

5.  Il  coniuge  convivente  di  soggetto  con   handicap   in
situazione di gravita’ accertata ai sensi dell’articolo 4,  comma  1,
della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ha diritto a fruire del  congedo
di cui al comma 2 dell’articolo 4 della legge 8 marzo  2000,  n.  53,
entro sessanta giorni dalla richiesta. In caso di mancanza, decesso o
in presenza di  patologie  invalidanti  del  coniuge  convivente,  ha
diritto a fruire del congedo il padre o la madre anche  adottivi;  in
caso di decesso, mancanza o in presenza di patologie invalidanti  del
padre e della madre, anche adottivi, ha diritto a fruire del  congedo
uno dei figli conviventi; in caso di mancanza, decesso o in  presenza
di patologie invalidanti dei figli conviventi, ha  diritto  a  fruire
del congedo uno dei fratelli o sorelle conviventi.
5-bis. Il congedo fruito ai sensi del comma 5 non puo’ superare
la durata complessiva di due anni per ciascuna persona portatrice  di
handicap e nell’arco della vita lavorativa. Il congedo e’ accordato a
condizione che la persona da assistere non  sia  ricoverata  a  tempo
pieno, salvo che, in tal caso, sia richiesta dai sanitari la presenza
del soggetto che presta assistenza. Il congedo  …non puo’   essere
riconosciuto a piu’ di un lavoratore per l’assistenza alla stessa
persona.  Per  l’assistenza  allo  stesso  figlio  con  handicap   in
situazione di gravita’, il  diritto è  riconosciuto   ad  entrambi  i
genitori, anche adottivi, che possono  fruirne  alternativamente,  ma
negli stessi giorni l’altro genitore non puo’ fruire dei benefici  di
cui all’articolo 33, commi 2 e 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104,
e 33, comma 1, del presente decreto.
5-ter. Durante il periodo di congedo, il richiedente ha diritto
a percepire un’indennita’ corrispondente all’ultima retribuzione, con
riferimento alle voci fisse e  continuative  del  trattamento,  e  il
periodo medesimo e’ coperto da contribuzione figurativa; l’indennita’
e la contribuzione figurativa spettano fino a un importo  complessivo
massimo di euro 43.579,06 annui per il  congedo  di  durata  annuale.
Detto importo e’ rivalutato annualmente, a decorrere dall’anno  2011,
sulla base della variazione dell’indice Istat dei prezzi  al  consumo
per le famiglie di operai e impiegati.  L’indennita’  e’  corrisposta
dal  datore  di  lavoro  secondo  le  modalita’   previste   per   la
corresponsione dei trattamenti economici di maternita’. I  datori  di
lavoro privati, nella  denuncia  contributiva,  detraggono  l’importo
dell’indennita’ dall’ammontare dei  contributi  previdenziali  dovuti
all’ente previdenziale competente.  Per  i  dipendenti  dei  predetti
datori di lavoro privati, compresi quelli per i quali non e’ prevista
l’assicurazione per le prestazioni di maternita’, l’indennita’ di cui
al presente comma e’ corrisposta con le modalita’ di cui all’articolo
1 del  decreto-legge  30  dicembre  1979,  n.  663,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1980, n. 33.
5-quater. I soggetti che usufruiscono dei  congedi  di  cui  al
comma 5 per un periodo continuativo non superiore a  sei  mesi  hanno
diritto ad usufruire di permessi non retribuiti  in  misura  pari  al
numero dei giorni di congedo ordinario che avrebbero  maturato  nello
stesso arco di tempo lavorativo, senza riconoscimento del  diritto  a
contribuzione figurativa.
5-quinquies. Il periodo di cui al comma 5 non  rileva  ai  fini
della maturazione delle ferie, della  tredicesima  mensilita’  e  del
trattamento di fine rapporto. Per quanto non  espressamente  previsto
dai commi 5, 5-bis, 5-ter e 5-quater  si  applicano  le  disposizioni
dell’articolo 4, comma 2, della legge 8 marzo 2000, n. 53.

Rispetto all’applicazione delle disposizioni di cui sopra con relativo riproporzionamento del congedo in questione   in caso  di rapporti   a tempo parziale ,a richiesta di nun’Amministrazione interessata,il Dipartimento Funzione Pubblica con nota n.36667 del 12 settembre 2012 ha espresso  il  parere,che viene rip0rtato di seguito  in ampia sintesi:

Si fa riferimento alla mail del 10 aprile 2012,  successivamente sollecitata, con la quale codesta Amministrazione ha chiesto  chiarimenti in merito all’applicazione dell’art. 42, comma 5 e ss., del d.lgs.  n. 151 del 2001, al personale dipendente con rapporto di lavoro di part- time verticale.

Nel merito si rappresenta quanto segue.

Il CCNL comparto ministeri del 16 maggio 2001,  integrativo del CCNL del 16 febbraio 1999, all’art. 23 (applicabile alle agenzie  fiscali in virtù di quanto disposto dall’art. 100 del CCNL comparto agenzie  fiscali del 28 maggio 2004) ha disciplinato la fruizione dei congedi e permessi  per il personale a tempo parziale. In tale clausola si prevede che al personale  con rapporto di lavoro a tempo parziale si applicano gli istituti normativi  previsti dal medesimo contratto, in quanto compatibili, spettanti al personale  con rapporto di lavoro a tempo pieno, tenendo conto della ridotta durata della  prestazione. Il comma 11 del citato art. 23 stabilisce che le ferie, le  festività soppresse e le altre assenze previste dalla legge e dal contratto nel  caso di part-time verticale spettano in numero proporzionato alle  giornate di lavoro prestate nel corso dell’anno, individuando specifiche  deroghe. Tra queste deroghe non è menzionato il caso del congedo di cui all’art.  42, commi 5 ss., del d.lgs. n. 151 del 2001 e, pertanto, ad avviso dello  scrivente, in caso di part-time verticale la sua durata deve essere  riproporzionata in osservanza della regola generale espressa nella clausola,  precisandosi che tale modalità applicativa continua a verificarsi sin quando  perdura la situazione che l’ha originata, ossia sino a quando il dipendente  fruisce del part-time verticale. Tale calcolo andrà effettuato sulla  base delle giornate lavorative del dipendente per tutto il periodo in cui il  lavoratore presta la sua opera in regime di part time, la cui durata è  fissata in precedenza.

Nel caso di ritorno a tempo pieno, il periodo di congedo  già fruito andrà poi riproporzionato (rapportandolo alla situazione di rapporto  di lavoro a tempo pieno) e così detratto dal complessivo periodo biennale per  conoscere il periodo di congedo residuo, ancora fruibile dal dipendente.

Per quanto riguarda la rilevanza dei periodi non  lavorativi (ossia dei periodi durante i quali, in virtù dell’articolazione delpart-time verticale la prestazione non deve essere resa), considerato  che in generale i congedi possono essere fruiti in corrispondenza dei periodi in  cui è dovuta la prestazione, ad avviso dello scrivente, il conteggio dovrebbe  comprendere solo i mesi o le giornate coincidenti con quelli lavorativi. Le  festività, le domeniche e le giornate del sabato (nel caso di articolazione  dell’orario su 5 giorni alla settimana) ricadenti nel periodo non lavorativo  dovrebbero essere escluse dal conteggio, con eccezione di quelle immediatamente  antecedenti e seguenti il periodo se al termine del periodo stesso non si  verifica la ripresa del servizio ovvero se il dipendente ha chiesto la fruizione  del congedo in maniera continuativa.

Per il testo integrale del parere si puo’ cliccare il seguentelink:www.funzionepubblica.gov.it/media/1005891/agenzia_territorio_personale_a_regime_part_time_verticale.pdf

NUOVO MESSAGGIO INPS SCELTA C.C.PAGAMENTO PENSIONI SUPERIORI MILLE EURO

27/09/2012
Secondo la nuova normativa statale*, dal 1° luglio 2012 i pagamenti di pensioni, compensi e stipendi superiori a 1.000 Euro non possono più essere effettuati in contanti o mediante assegno.Il 28 giugno 2012 l’INPS ha pubblicato il messaggio n.10885che chiarisce le modalità di erogazione delle pensioni a seguito della predetta normativa:1. Chi riceve una pensione fino a 1.000 Euro mensili:

–    può continuare a riscuotere gli importi in contanti o con assegno;

–  la riscossione della tredicesima, così come di arretrati, conguagli fiscali o somme aggiuntive alle rate di pensioni solitamente inferiori ai 1.000 Euro, non sono soggette al limite fissato per la modalità di pagamento; in tali casi, quindi, i pagamenti agli sportelli possono comunque essere disposti.

2. Chi riceve una pensione superiore a 1.000 Euro mensili:

– dal 1° luglio non riceve più pagamenti in contante o con assegno e deve indicare una modalità di riscossione alternativa (conto corrente o libretto postale o bancario);

– se è stato impossibilitato a recarsi presso l’ufficio postale o bancario per indicare le nuove modalità di ricezione degli importi, può farsi rappresentare dal delegato alla riscossione, che sia stato in precedenza nominato e autorizzato dall’INPS, il quale chiede l’apertura di un conto corrente base o di un libretto postale intestato al beneficiario, consegnando alla Banca o a Poste italiane:

a. documentazione attestante la delega alla riscossione;

b. documento d’identità del beneficiario del pagamento;

c. dichiarazione del delegato che prova gli impedimenti del beneficiario a recarsi presso Posta o Banca per provvedere personalmente.

Se il delegato non possiede copia della delega, può richiederla alle strutture INPS, che sono tenute a rilasciarne copia autenticata o, nel caso di indisponibilità della stessa, dichiarazione sostitutiva.

2.a. Periodo transitorio

Per favorire l’adeguamento alla nuova normativa, nel periodo luglio-settembre 2012, in attesa che il cittadino, che non l’abbia già fatto, effettui la scelta della modalità di riscossione della pensione, sono previste le seguenti possibilità:

• l’INPS continua a pagare mensilmente in attesa della scelta, corrispondendo le somme a Poste o Banche, che terranno gli importi accantonati in un conto di servizio;

• se entro il 30 settembre, il pensionato indica un conto corrente o libretto postale o bancario le somme precedentemente versate e accantonate saranno direttamente ivi trasferite;

• nel caso in cui il pensionato invece abbia fino a giugno riscosso la pensione allo sportello di Poste italiane spa e scelga di localizzare il pagamento su un conto corrente o libretto bancario, potrà ottenere il pagamento delle somme versate e accantonate tramite assegno di traenza; le Poste sono infatti impossibilitate, in questo caso, ad effettuare il trasferimento diretto tramite bonifico;

• se invece entro il 30 settembre (termine ultimo per fare la scelta da parte del pensionato o del delegato) non viene indicata alcuna alternativa, Poste e Banche restituiscono le somme versate dall’INPS allo stesso Ente;

• il beneficiario  ,come   nei mesi di luglio e agosto scorso ,anche per settembre, puo’ ottenere da Posta e Banche il pagamento degli importi dovuti tramite assegno di traenza.

LINEE GUIDA AFFIDAMENTI COOPERATIVE SOCIALI APPALTI SENZA GARA

27/09/2012

Di seguito si riporta il testo integrale della determina n.3 dell’1.8.2012   dell’Autorita’ per la vigilanza sui contratti pubblici relativa all’argomento specificato nel titolo,riportandosi all’art.5 ,comma 1,legge n.381/91.

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Sommario

Premessa

1. Ambito di applicazione soggettivo

2. L’oggetto e la durata della convenzione

3. Le modalità di affidamento della convenzione

4. Le clausole sociali

Premessa

L’art. 5, comma 1, della legge 8 novembre 1991, n. 381 dispone che gli enti pubblici possano stipulare convenzioni con le cd. cooperative sociali di tipo B, finalizzate alla fornitura di determinati beni e servizi – diversi da quelli socio-sanitari ed educativi – in deroga alle procedure di cui al d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (nel seguito, Codice dei contratti), purché detti affidamenti siano di importo inferiore alla soglia di rilevanza comunitaria.

La previsione, tesa alla promozione ed all’integrazione sociale, costituisce concreta attuazione di quanto stabilito dall’art. 45 della Costituzione, secondo cui la Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata e ne promuove e favorisce l’incremento con i mezzi più idonei, assicurandone, con opportuni controlli, il carattere e le finalità.  E’ da rimarcare, altresì, come gli affidamenti in deroga alle cooperative sociali di tipo B si collochino in un contesto normativo, nazionale ed europeo, sempre più attento all’integrazione di aspetti sociali nella contrattualistica pubblica.

La Commissione europea si è pronunciata più volte in materia, ponendo in rilievo, già nella comunicazione interpretativa del 15 ottobre 2001, le possibilità in tal senso offerte dal diritto comunitario. Le direttive 17/2004/CE e 18/2004/CE hanno, poi, previsto la possibilità di integrare i criteri sociali nelle specifiche tecniche, nei criteri di selezione, nei criteri di aggiudicazione e nelle condizioni di esecuzione dell’appalto, giungendo a consentire l’indizione di appalti riservati, in presenza di determinate condizioni, a laboratori protetti o l’esecuzione del contratto nel contesto di programmi di lavoro protetti. Tali disposizioni sono state recepite nel Codice dei contratti e nel Regolamento attuativo adottato con d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207 (in particolare, si vedano gli artt. 52 e 69 del Codice dei contratti).

Nell’ottobre del 2010, inoltre, la Commissione ha pubblicato la “Guida alla considerazione degli aspetti sociali negli appalti pubblici”, ribadendo, con indicazioni operative ed esempi, la valenza strategica dell’integrazione di aspetti sociali nelle procedure di affidamento di contratti pubblici, anche nel contesto della prossima riforma delle direttive appalti. Si rammenta, infine, la Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo ed al Comitato delle Regioni del 25 ottobre 2011, “Iniziativa per l’imprenditoria sociale – Costruire un ecosistema per promuovere le imprese sociali al centro dell’economia e dell’innovazione sociale”, che, come parte della  Strategia Europa 2020 e delle diverse iniziative correlate, definisce le imprese sociali come quelle per le quali l’obiettivo sociale o socio-culturale di interesse comune è la ragion d’essere dell’azione commerciale ed i cui utili sono principalmente reinvestiti nel perseguimento di tale obiettivo. Il Codice dei contratti prevede, al riguardo, che il principio di economicità possa essere subordinato, entro i limiti consentiti dalla vigente normativa, ai criteri, previsti dal bando, ispirati a esigenze sociali, nonché alla tutela della salute e dell’ambiente e alla promozione dello sviluppo sostenibile (art. 2, comma 2).

Di  recente, anche questa Autorità ha sottolineato, con la determinazione n. 7 del 24 novembre 2011, l’importanza delle considerazioni sociali nell’utilizzo del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa per l’aggiudicazione di contratti di servizi e forniture.

L’Autorità ha condotto alcune indagini di settore sull’applicazione del citato art. 5, comma 1, della legge n. 381/1991, dalle quali è emersa la necessità di fornire alle stazioni appaltanti chiarimenti in ordine alle modalità di affidamento delle convenzioni.

E’ stata quindi esperita una consultazione degli operatori e delle istituzioni coinvolte (documenti consultabili) propedeutica all’emanazione delle presenti linee guida.

1. Ambito di applicazione soggettivo

Possono stipulare le convenzioni ex art. 5 della legge n. 381/1991 tutti gli enti pubblici, compresi quelli economici e le società a partecipazione pubblica.

Soggetti beneficiari delle convenzioni di inserimento lavorativo, per contro, sono esclusivamente le cd. cooperative sociali di tipo “B”, come definite dall’art. 1, comma 1, lettera b).

La  citata legge n. 381/1991 individua, infatti, due distinte tipologie di cooperative:

  • cooperative di tipo A: nell’esercizio dell’attività di gestione dei servizi socio-sanitari ed educativi sono rivolte ad arrecare beneficio a persone bisognose di intervento in ragione dell’età, della condizione familiare, personale o sociale.
  • cooperative di tipo B: svolgono attività diverse (agricole, industriali, commerciali o di servizi), finalizzate all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate.

Le cooperative sociali di tipo B, per l’applicazione del comma in questione, devono avere in organico almeno il 30 per cento dei lavoratori (soci o non) costituito da persone svantaggiate, come prescritto dall’art. 4 della stessa legge, secondo cui sono considerati tali “gli invalidi fisici, psichici e sensoriali, gli ex degenti di ospedali psichiatrici, anche giudiziari, i soggetti in trattamento psichiatrico, i tossicodipendenti, gli alcolisti, i minori in età lavorativa in situazioni di difficoltà familiare, le persone detenute o internate negli istituti penitenziari, i condannati e gli internati ammessi alle misure alternative alla detenzione e al lavoro all’esterno ai sensi dell’articolo 21 della legge 26 luglio 1975, n. 354 , e successive modificazioni. Si considerano inoltre persone svantaggiate i soggetti indicati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro della sanità, con il Ministro dell’interno e con il Ministro per gli affari sociali”.

Possono stipulare le convenzioni anche consorzi di cooperative sociali (art. 8), purché costituiti almeno al 70 per cento da cooperative sociali ed a condizione che le attività convenzionate siano svolte esclusivamente da cooperative sociali di inserimento lavorativo.

L’iscrizione all’albo regionale, effettuata sulla base della ricorrenza di un insieme di elementi concernenti la capacità professionale ed economico finanziaria delle cooperative sociali, è condizione necessaria per la stipula delle convenzioni, per le cooperative sociali aventi sede in Italia ed i loro consorzi (cfr. parere AVCP n. 40 del 2 aprile 2009).

Va precisato che, laddove tale albo non sia stato istituito, le cooperative sociali devono, comunque, attestare il possesso dei requisiti previsti dai citati articoli 1 e 4 della legge n. 381/1991.

In base alle previsioni del comma 2 dell’art. 5, nel rispetto del principio di non discriminazione, possono richiedere di convenzionarsi con gli enti pubblici italiani anche analoghi operatori aventi sede negli altri Stati membri, che siano in possesso di requisiti equivalenti a quelli richiesti per l’iscrizione all’albo e siano iscritti nelle liste regionali di cui al comma 3 del medesimo articolo, con facoltà, in alternativa, di dare dimostrazione, mediante idonea documentazione, del possesso dei requisiti stessi (e, quindi, la presenza del 30 per cento di persone svantaggiate nella compagine lavorativa).

Da ultimo, si rileva che le Regioni devono rendere noti annualmente, attraverso la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea, i requisiti e le condizioni richiesti per la stipula delle convenzioni, nonché le liste regionali degli organismi che ne abbiano dimostrato il possesso alle competenti autorità regionali (art. 5, comma 3).

2. L’oggetto e la durata della convenzione

L’oggetto delle convenzioni con le cooperative sociali di tipo B è definito dall’art. 5, comma 1, della legge n. 389/1991, secondo cui le stesse possono essere stipulate per la “fornitura di beni e servizi diversi da quelli socio-sanitari ed educativi il cui importo stimato al netto dell’IVA sia inferiore agli importi stabiliti dalle direttive comunitarie in materia di appalti pubblici purché tali convenzioni siano finalizzate a creare opportunità di lavoro per le persone svantaggiate di cui all’articolo 4, comma 1”.

Le forniture di beni e servizi oggetto della convenzione rientrano nella più generale fattispecie di contratto di appalto (cfr., sul punto, determinazione AVCP n. 4 del 7 luglio2011). Tuttavia, l’oggetto della convenzione non si esaurisce nella mera fornitura di beni e servizi, ma è qualificato dal perseguimento di una peculiare finalità di carattere sociale, consistente nel reinserimento lavorativo di soggetti svantaggiati: proprio in ragione di tale finalità, è prevista, limitatamente alle procedure di affidamento, la deroga alle regole ordinarie dettate dal Codice dei contratti per gli appalti sotto soglia. Occorre, pertanto, che il profilo del reinserimento lavorativo, unitamente  al successivo monitoraggio dello stesso in termini quantitativi e qualitativi, sia posto al centro della convenzione e, a monte, della determina a contrarre adottata dalla stazione appaltante ex art. 11, comma 2, del Codice dei contratti.

Stante il dettato normativo, l’art. 5 trova applicazione in caso di fornitura di beni e servizi: conseguentemente, benché lo spettro delle attività che possono essere svolte dalle cooperative sociali di tipo B sia più ampio (cfr.  art. 1, comma 1, legge n. 381/1991), l’oggetto della convenzione non può essere costituito dall’esecuzione di lavori pubblici né dalla gestione di servizi pubblici locali di rilevanza economica (in tal senso, cfr. C.d.S., 6 ottobre 2011, n. 1466; C.d.S., sez. V, 11 maggio 2010, n. 2829). L’utilizzo dello strumento convenzionale è, quindi, ammesso per la fornitura di beni e servizi strumentali, cioè svolti in favore della pubblica amministrazione e riferibili ad esigenze strumentali della stessa. Occorre tuttavia precisare che l’attività delle cooperative di tipo B può riguardare servizi diversi da quelli strumentali, nell’ambito di specifici appalti, nel caso in cui il servizio all’utenza sia espletato direttamente dalla stazione appaltante.

Come rilevato, in base al comma 1 dell’art. 5 della legge n. 381/1991, le convenzioni sono “finalizzate a creare opportunità di lavoro per le persone svantaggiate di cui all’art. 4, comma 1”.

Sebbene l’aspetto del reinserimento lavorativo non sia chiaramente disciplinato dalla legge n. 381/1991, si registra, nella prassi, l’utilizzo di programmi di reinserimento personalizzati per ciascun soggetto svantaggiato che presti servizio nell’ambito dell’appalto affidato con convenzione ex art. 5. Sicché occorre chiarire cosa deve intendersi per “reinserimento lavorativo”. In proposito, si evidenzia che i relativi percorsi dovrebbero, ove possibile, avere l’effetto di consentire ai soggetti interessati di potersi collocare autonomamente nel mercato del lavoro.

Per altro verso, deve ritenersi che il programma di recupero e reinserimento lavorativo delle persone svantaggiate possa essere oggetto di specifica valutazione nell’ambito del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, quale parte integrante del progetto tecnico. In linea più generale, nella determinazione n. 7/2011, è stato osservato che il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa può consentire di attribuire rilievo ad elementi oggettivi, legati alla realizzazione di particolari obiettivi, di valenza non economica, purché siano collegati all’oggetto dell’appalto e consentano di effettuare una valutazione degli offerenti sulla base dei relativi criteri economici e qualitativi, considerati nell’insieme allo scopo di individuare le offerte che presentano il miglior rapporto qualità/prezzo. Con specifico riguardo all’utilizzo di  criteri a valenza sociale per l’affidamento di servizi e forniture, l’articolo 283, comma 2, del Regolamento stabilisce che, al fine della determinazione dei criteri di valutazione delle offerte, le stazioni appaltanti hanno la facoltà di concludere protocolli di intesa o protocolli di intenti con soggetti pubblici con competenze in materia di ambiente, salute, sicurezza, previdenza, ordine pubblico, nonché con le organizzazioni sindacali e imprenditoriali, al fine di attuare, nella loro concreta attività di committenza, il principio di cui all’articolo 2, comma 2 ed all’articolo 69 del Codice dei contratti.

La finalità del reinserimento lavorativo deve essere coniugata con la necessità che la durata delle convenzioni non superi un limite temporale ragionevole, avuto riguardo all’oggetto della convenzione medesima. Le amministrazioni, pertanto, devono definire adeguatamente la durata delle convenzioni, affinché non sia di fatto preclusa ad altre cooperative la possibilità di presentare domanda di convenzionamento, nonché verificare che gli obiettivi stabiliti siano effettivamente perseguiti ed attuati.

Il ricorso agli affidamenti ex art. 5 della legge n. 381/1991 presuppone che sussista un interesse della stazione appaltante all’acquisizione di servizi e forniture  riconducibili alla lettera b) dell’art. 1 della medesima legge e che l’importo di ciascun affidamento sia effettivamente contenuto entro la soglia di rilevanza comunitaria, in seguito alle modifiche apportate al primo comma dell’art. 5 dall’art. 20 della legge 6 febbraio 1996, n. 52.

Il rinvio alle soglie comunitarie operato dalla legge n. 381/1991 ha natura dinamica e, pertanto, è attualmente riferito alle soglie previste dal Regolamento (UE) n. 1251/2011 della Commissione del 30 novembre 2011. Agli affidamenti in parola si applica il metodo comunitario di calcolo del valore stimato dell’appalto, come recepito dall’art. 29 del Codice dei contratti; quest’ultimo, infatti, disciplina anche i contratti che presentano carattere di regolarità o che sono destinati ad essere rinnovati entro un determinato periodo.

3. Le modalità di affidamento della convenzione

In ordine alle concrete modalità di affidamento della convenzione, alla stipula si addiviene nel rispetto delle legislazioni regionali applicabili, le quali  devono essere, tuttavia, coerenti con la legislazione nazionale.

In merito, occorre,  rammentare quanto evidenziato dalla giurisprudenza amministrativa (T.A.R. Lazio Roma, sez. III quater, 9 dicembre 2008, n. 11093; n. 3767 del 26 aprile 2012), secondo cui non può ammettersi che l’utilizzo dello strumento convenzionale si traduca in una deroga completa al generale obbligo di confronto concorrenziale, giacché l’utilizzo di risorse pubbliche  impone il rispetto dei principi generali della trasparenza e della par condicio.

Si suggerisce, pertanto, che, nell’ambito della programmazione dell’attività contrattuale per l’acquisizione di beni e servizi (a prescindere dall’avvenuta adozione del programma facoltativo di cui all’art. 271 del Regolamento), l’ente individui le esigenze di approvvigionamento di beni e servizi che possono essere soddisfatte mediante le convenzioni ex art. 5 della legge n. 381/1991. E’ poi possibile procedere alla pubblicazione, sul proprio profilo committente, di un avviso pubblico, atto a rendere nota la volontà di riservare parte degli appalti di determinati servizi e forniture alle cooperative sociali di tipo B, per le finalità di reinserimento lavorativo di soggetti svantaggiati. In applicazione dei generali principi di buona amministrazione, economicità, efficacia e trasparenza (oltre che, in alcuni casi, di specifiche disposizioni di legge regionale), l’ente, ove sussistano più cooperative interessate alla stipula della convenzione, promuove l’esperimento di una procedura competitiva di tipo negoziato tra tali soggetti. In tali casi, nella lettera di invito, l’ente specifica gli obiettivi di inserimento sociale e lavorativo che intende perseguire mediante la stipula della convenzione ed i criteri in base ai quali verranno comparate le diverse soluzioni tecniche presentate da parte delle cooperative.

Dal tenore letterale del comma 1 dell’art. 5 della legge n. 381/1991 e dal rinvio ivi contenuto alle soglie comunitarie, emerge che l’ambito della deroga al Codice dei contratti è limitato alle sole procedure di aggiudicazione. E’ quindi applicabile la disciplina dettata dal Codice dei contratti e dal Regolamento attuativo sia per quanto attiene ai requisiti di partecipazione ed alle specifiche tecniche sia per l’esecuzione delle prestazioni, nonché con riguardo agli obblighi di comunicazione nei confronti dell’Autorità.

Si rammenta che anche in caso di importi di valore inferiore alle soglie comunitarie, eventuali limitazioni territoriali – che configurassero il possesso della sede legale nel territorio comunale come condizione ostativa all’accesso al confronto concorrenziale – possono porsi in contrasto con il principio di parità di trattamento di cui all’articolo 3 della Costituzione e con la normativa comunitaria, come già rilevato dall’Autorità (si veda, ad esempio, le deliberazione n. 45/2010 e, con specifico riferimento agli affidamenti di valore inferiore alle soglie comunitarie, il comunicato del Presidente dell’Autorità del 20 ottobre 2010 “Bandi di gara e limitazioni di carattere territoriale”).

Come rilevato, mentre la scelta del contraente può avvenire anche in deroga alla disciplina del Codice dei contratti e del Regolamento, la fase dell’esecuzione delle prestazioni oggetto di convenzione resta sottoposta a tutte le norme non espressamente derogate e, in particolare, alle disposizioni che regolano gli  appalti di servizi e forniture sotto soglia, in ossequio a quanto previsto dall’art. 121 del Codice dei contratti.

Quanto ai controlli da esperirsi in corso di esecuzione, essi concernono, in primo luogo, il permanere delle condizioni che legittimano l’applicazione dell’art. 5 della legge n. 381/1991, tra le quali, ad esempio, l’iscrizione al registro regionale di cui all’art. 9, sul presupposto che venga rispettato quanto previsto dall’art. 4, comma 2, della medesima legge. E’ necessario che, nell’ambito delle verifiche di conformità in corso di esecuzione, la stazione appaltante accerti la persistenza della predetta condizione e – in caso di esito negativo – adotti le conseguenti determinazioni (risoluzione della convenzione e dei contratti conseguentemente stipulati, comunicazione all’albo ai fini della cancellazione). In secondo luogo, occorre verificare il concreto perseguimento della finalità di reinserimento lavorativo; al riguardo si suggerisce alle stazioni appaltanti, laddove possibile, di indicare il  numero o la percentuale di lavoratori svantaggiati da impiegare nella convenzione, al fine di consentire le necessarie verifiche circa il corretto svolgimento del progetto di reinserimento lavorativo.

Per completezza, è opportuno rammentare che, ai sensi dell’articolo art. 52 del Codice dei contratti, le stazioni appaltanti, fatte salve le norme vigenti sulle cooperative sociali e sulle imprese sociali, possono riservare la partecipazione alle procedure di gara, anche per appalti sopra soglia comunitaria, a laboratori protetti nel rispetto della normativa vigente, o riservarne l’esecuzione nel contesto di programmi di lavoro protetti quando la maggioranza dei lavoratori interessati è composta di disabili i quali, in ragione della natura o della gravità del loro handicap, non possono esercitare un’attività professionale in condizioni normali. Come osservato nella determinazione n. 2 del 23 gennaio 2008, “Indicazioni operative sugli appalti riservati”, l’art. 52 e la legge n. 381/1991 si muovono in ambiti distinti, ma ciò non esclude che le cooperative sociali di cui all’art. 1, lettera b), della citata legge n. 381/1991 possano essere riconosciute come laboratori protetti, qualora  possiedano i requisiti prescritti, e, pertanto, possano partecipare agli appalti riservati ai sensi della citata normativa.

4. Le clausole sociali

Secondo quanto previsto dall’art. 5, comma 4, della legge n. 381/1991, per i servizi e forniture di valore pari o superiore alla soglia di cui all’articolo 28, comma 1, lettera b) del Codice dei contratti, diversi  da  quelli  socio-sanitari ed educativi, gli atti di gara possono prevedere, fra le condizioni di esecuzione, l’obbligo di eseguire il contratto con l’impiego di persone svantaggiate di cui al citato art. 4, correlativamente all’adozione di specifici programmi di recupero e inserimento lavorativo.

Le stazioni appaltanti devono poi vigilare sul rispetto del singolo programma di lavoro che accompagna ciascun inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati impiegati nel corso dell’esecuzione del contratto stesso, fissando le condizioni in modo chiaro nei documenti di gara.

La possibilità di prevedere “clausole sociali” nell’esecuzione del contratto è prevista, in linea generale, dall’articolo 69 del Codice dei contratti; tale disposizione prevede che “le stazioni appaltanti possono esigere condizioni particolari per l’esecuzione del contratto, purché siano compatibili con il diritto comunitario e, tra l’altro, con i principi di parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, e purché siano precisate nel bando di gara, o nell’invito in caso di procedure senza bando, o nel capitolato d’oneri. Dette condizioni possono attenere, in particolare, a esigenze sociali o ambientali”.

Le clausole sociali inserite devono quindi essere compatibili con il diritto comunitario e, in particolare, con i principi di parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza e proporzionalità; compatibilità che si configura, secondo il 33° considerando della direttiva 2004/18/CE, “a condizione che non siano, direttamente o indirettamente, discriminatorie e siano indicate nel bando di gara o nel capitolato d’oneri”.

Proprio al fine di valutare tale compatibilità, l’articolo 69, comma 3, del Codice dei contratti ha previsto la possibilità  per le stazioni appaltanti di richiedere all’Autorità un pronunciamento su tale aspetto delle clausole del bando contemplanti “particolari condizioni di esecuzione del contratto”, al fine di evitare, come evidenziato dal Consiglio di Stato in sede di parere sul Codice (n. 355/2006), che tali clausole incidano negativamente sulle condizioni di concorrenzialità del mercato “in modo tale da discriminare o pregiudicare alcune categorie di imprenditori, determinando così un’incompatibilità delle previsioni del bando o dell’invito con il diritto comunitario”.

L’Autorità, ad esempio, ha ritenuto che l’impiego di persone con disabilità, quale condizione di esecuzione dell’appalto, è conforme al disposto dell’art. 69 del Codice dei contratti sia in quanto modalità di prestazione del servizio finalizzata al perseguimento di obiettivi sociali sia in virtù della compatibilità con il diritto comunitario e con i principi del Trattato CE richiamati (cfr. pareri sulla normativa 4 aprile 2012, n. 7; 14 maggio 2009, n. 8). Parimenti, è stato ritenuto compatibile con la normativa di settore un protocollo d’intesa stipulato tra regione ed aziende sanitarie mediante il quale veniva individuata, a monte, una quota di servizi da affidare mediante il convenzionamento con le cooperative sociali di tipo B ovvero con inserimento di clausole sociali come condizioni di esecuzione (cfr. parere sulla normativa 10 marzo 2011, n. 6).

Sotto il profilo formale, la costante interpretazione dell’Autorità è nel senso di ritenere che la stazione appaltante sia tenuta a prevedere la clausola sociale nel capitolato speciale di appalto e nel bando di gara, onorando gli obblighi pubblicitari richiesti dalla norma. In altri termini, le condizioni di esecuzione devono essere adeguatamente evidenziate in una clausola espressa del bando di gara.

Sulla base di quanto sopra considerato

IL CONSIGLIO

Adotta la presente determinazione.

Il Relatore: Piero Calandra

Il Presidente: Sergio Santoro

Depositato presso la Segreteria del Consiglio in data: 3 agosto 2012

Il Segretario: Maria Esposito

DISCIPLINA SUCCESSIONE CONTRATTI A TERMINE ESCLUSA SUPPLENZE SCUOLE

26/09/2012

In merito all’argomento di cui al titolo ,risulta confacente  preliminarmente evidenziare che:

a) l’art.5 comma 3 del decreto legislativo n.368/01 , con  modifiche (in grassetto)  apportate dalla legge n.92/12 . stabilisce che:” Qualora il lavoratore venga riassunto a termine, ai sensi dell’articolo 1, entro un periodo di sessanta giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata fino a sei mesi, ovvero   novanta giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata superiore ai sei mesi, il secondo contratto si considera a tempo indeterminato”;

b)l’art.9 comma 18 del dec.legge n.70/11 ,convertito in legge n.106/11,dispone che :”  All’articolo 10 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, dopo il comma 4 è aggiunto il seguente: «4-bis. Stante quanto stabilito dalle disposizioni di cui all’articolo 40, comma 1, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, all’articolo 4, comma 14-bis, della legge 3 maggio 1999, n. 124, e all’articolo 6, comma 5, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sono altresi’ esclusi dall’applicazione del presente decreto i contratti a tempo determinato stipulati per il conferimento delle supplenze del personale docente ed ATA, considerata la necessità di garantire la costante erogazione del servizio scolastico ed educativo anche in caso di assenza temporanea del personale docente ed ATA con rapporto di lavoro a tempo indeterminato ed anche determinato. In ogni caso non si applica l’articolo 5, comma 4-bis, del presente decreto.”

Premesso quanto sopra si segnala che   l’ANCI , a cui si sono rivolti numerosi comuni chiedendo parere su come applicare la normativa del contratto a termine ,di cui al citato dlgs n. 368/2001 nelle supplenze di docenti di servizi educativi e scolastici gestiti in proprio,si è rivolta alla Presidenza del Consiglio dei Ministri ,chiedendo di pronunciarsi in merito a detta questione.

In particolare  la richiesta di chiarimenti è stata relativa all’ipotesi di rinnovo dei contratti a termine con lo stesso lavoratore, rinnovo che con l’entrata in vigore della legge n. 92/2012 (riforma Fornero) è possibile solo dopo che sia trascorso il periodo di 60/90 giorni dal primo contratto a termine, rispettivamente se di durata fino a sei mesi (60 giorni) o superiore a sei mesi (90 giorni),che ,se  applicato nelle scuole comunali,  ha sottolineato l’Associazione   il vincolo «inciderebbe sulla continuità dei servizi educativi e scolastici».

Alla richiesta di cui sopra ha fornito risposta la nota del Dipartimento Funzione Pubblica n.37561/2012 ,secondo cui  le scuole dei  comuni sono fuori dalla  disciplina  sulla successione dei contratti a termine,contenuta nel dec.legvo n.368/01 ,novellato dalla legge Fornero,  al pari delle scuole statali.

Infatti il Dipartimento F.P. ha ritenuto che  l’esclusione in particolare  discenda  dall’esonero fissato per le scuole statali dall’art. 9.comma 18,legge 106/11dl n. 70/2011  , da estendere ai servizi educativi e scolastici gestiti dai comuni.

Infatti,come evidenziato nella sopra riportata lettera b) , la legge n.106/11 , prevede che sono esclusi dall’applicazione del dlgs n. 368/2001 (disciplina dei contratti a temine) i contratti a tempo determinato stipulati per il conferimento delle supplenze del personale docente e Ata, considerata la necessità di garantire la costante erogazione del servizio scolastico ed educativo anche in caso di assenza temporanea del personale docente e Ata con rapporto di lavoro a tempo indeterminato e anche determinato.

Il Dipartimento della funzione pubblica  ha aggiuntoche la ratio  va ricercata nella necessità di garantire, attraverso la continuità didattica, il diritto costituzionale all’educazione, all’istruzione e allo studio (articoli 33 e 34 della Costituzione),  nonche’ la costante erogazione del servizio scolastico ed educativo indiscriminatamente da parte di tutte le istituzioni pubbliche che sono chiamate a svolgere tali servizi.

Peraltro ,  il Dpartiomento della  funzione pubblica non trascura di  ricordre a che restano fermi i vincoli a garanzia del corretto utilizzo dei contratti a termine nel rispetto del principio per cui «il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato costituisce la forma comune di rapporto di lavoro» (articolo 1, comma 01, del dlgs n. 368/2001), nonché di quanto stabilito da Tu sul pubblico impiego (articolo 36 dlgs n. 165/2001), ossia che «per le esigenze connesse a fabbisogno ordinario le pubbliche amministrazioni assumono esclusivamente con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato seguendo le procedure di reclutamento previste dall’articolo 35». In altre parole, il ricorso a contratti a tempo determinato è consentito solo per esigenze temporanee o eccezionali.

Infine, neklla stessa nota  viene precisato   che resta fermo anche il principio del concorso pubblico per il reclutamento del personale a termine. E che il superamento di un nuovo concorso, da parte di un soggetto che abbia già lavorato a termine con l’amministrazione, consente di azzerare la durata del contratto precedente ai fini del computo dei limite massimo di 36 mesi, nonché la non applicabilità degli intervalli temporali in caso di successione di contratti.