LE DISPOSIZIONI DECRETO LEG.VO RIGUARDANTE REVISIONE TIPOLOGIE RAPPORTI LAVORO NON SUBORDINATO ,STABILIZZAZIONE COCOCO E PARTITE IVA

Sul S.O. n.34  della G.U. n. 144 del 24 giugno 2015  risulta pubblicato il DECRETO LEGISLATIVO 15 giugno 2015, n. 81, relativo alla Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell’articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n.  ,entrato in vigore dal giorno successivo a quello di pubblicazione,che negli articoli 2 ,3 e  da 52 a 56   contiene la   revisione della disciplina dei rapporti di lavoro con prestazioni non dipendenti ,delle mansioni e della stabilizzaziona , con la conseguente abrogazione di corrispodenti norme previgenti nelle predette materie.

Premesso che i predetti articoli , riguardano rispettivamente:

  1. A) Co.co.co organizzate dal committente (art.2)
  2. B) Revisione disciplina mansioni(art.3)
  3. C) Superamento contratto a progetto (art.52)
  4. D) Superamento associazione in partecipazione con apporto solo lavoro(art.53)
  5. E) Stabilizzazione  di rapporti  dei collaboratori coordinati e continuativi,anche a progetto   e titolari di partita IVA(art.54)

Indicazione introduttiva

Si richiama l’attenzione sui seguenti articoli del provvedimento:

a) l’art.51 -Norme di rinvio ai contratti collettivi- che recita:”Salvo diversa previsione, ai fini del presente decreto, per contratti collettivi si intendono i contratti collettivi nazionali,territoriali o aziendali stipulati   da   associazioni   sindacali comparativamente piu’ rappresentative sul piano nazionale e   i contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro rappresentanze sindacali aziendali ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria”

b)l’art.56 ,comma 2-Clausola di salvataggio,  in cui si prevede:

“Ai sensi dell’articolo 17, comma 12, della legge 31 dicembre

2009, n. 196, il Ministero dell’economia e delle finanze e il

Ministero del lavoro e delle politiche sociali, anche avvalendosi del

sistema permanente di monitoraggio e valutazione istituito ai sensi

dell’articolo 1, comma 2, della legge n. 92 del 2012, assicurano, con

le risorse umane,   strumentali   e   finanziarie   disponibili   a

legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri a carico della

finanza pubblica, il monitoraggio degli effetti finanziari derivanti

dalle disposizioni del presente decreto. Nel caso in cui   si

verifichino, o siano in procinto di verificarsi, effetti finanziari

negativi e in particolare scostamenti rispetto alla valutazione delle

minori entrate di cui al comma 1, agli eventuali maggiori oneri si

provvede mediante corrispondente riduzione del   Fondo   di   cui

all’articolo 1, comma 107, della legge 23 dicembre 2014, n. 190. E’

conseguentemente accantonato e reso indisponibile sul medesimo Fondo

nonche’, ai fini degli effetti in termini   di   fabbisogno   e

indebitamento netto, sul fondo di cui all’ articolo 6, comma 2, del

decreto-legge 7 ottobre 2008, n. 154, convertito, con modificazioni,

dalla legge 4 dicembre 2008, n. 189, un importo complessivo pari al

50 per cento degli oneri indicati al comma 1, alinea, fino all’esito

dei monitoraggi annuali previsti nel primo periodo del presente

comma. Le somme accantonate e non   utilizzate   all’esito   del

monitoraggio sono conservate nel conto dei residui per essere

destinate al Fondo sociale per l’occupazione e la formazione, di cui

all’articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto-legge 29 novembre

2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio

2009, n. 2. In tali casi, il Ministro dell’economia e delle finanze

riferisce alle Camere con apposita relazione ai sensi dell’articolo

17, comma 12, della legge 31 dicembre 2009, n. 196.”

 

A) Co.co.co organizzate dal committente (art.2)

L’argomento è trattato dall’ art. 2 , che nel comma 1  recita :”A far data  dall’ 1 gennaio 2016  , ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa   caratterizzate da    prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro,si applichera’ la disciplina del rapporto di lavoro subordinato.”

Anzitutto , è da ritenere  che l’applicazione della disciplina del rapporto di lavoro subordinato alle   co co co , in relazione al testo   della norma, richiede che i requisiti indicati  debbano essere tutti contestualmente  ricorrenti ,ossia è necessario  non solo  che la prestazione  sia “continuativa” ed  “esclusivamente personale” ,ma altresì  che le modalità di esecuzione risultino organizzate dal committente ,anche con riferimento ai“tempi e al luogo di lavoro.

Quindi,per aversi una cococo genuina  e non  soggetta alla disciplina del rapporto di lavoro dall’1.1.2016 , non soltanto deve ricorrere l’ etero direzione ,ma  contestualmente  anche   l’etero organizzazione.

Infatti , laddove sia  il datore di lavoro a determinare i tempi ed il luogo di lavoro, va da sé che  la tutela normativa non può che essere quella del lavoro subordinato

Se  una co. co. co.   dispone di  una pur minima ‘organizzazione   del lavoro   e   la stessa  risulta  caratterizzata da   modalita’ e  tempistica    fissate dallo stesso committente,   alla collaborazione  si applica   la normativa sul rapporto di lavoro subordinato ,    non senza tener conto che   occorre  comunque  distinguere  fra   etero organizzazione   e momenti di coordinamento in azienda,  trattandosi di aspetti  piuttosto diversi  fra loro.

La nuova tutela stabilita dall’articolo 2 trova applicazione anche alle forme di collaborazione svolte da titolari di partita iva ,ferme restando le esclusioni di cui si parlera’  piu’ avanti   nella  trattazione della lettera A)..

Appare superfluo ed   illusorio  ritenere che  possa essere   sufficiente    l’inserimento  , nei futuri contratti di collaborazione coordinata e continuativa  , in modo da   garantire  trattarsi di co co co genuina  ,   della   dichiarazione  del prestatore  che dipenderà soltanto dalla propria volontà fissare i tempi ed i momenti organizzativi anche sul luogo di lavoro , dovendosi tener conto che   la stessa   tuttalpiu’  servirebbe a   soddisfare   l’aspetto formale, ma di certo  non sarebbe   decisiva   rispetto all’intervento degli organi di vigilanza  e davanti ai giudici ,interessati  ad accertare  che nella sostanza le cose  sono  messe in maniera differente

Si evidenzia ,peraltro, che ,potendo le parti dei rapporti in questione richiedere che le apposite Commissioni certifichino l’assenza dei requisiti di prestazioni di lavoro esclusivamente personali ,  continuative e con  modalità di esecuzione   organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro ,il lavoratore  nella circostanza può farsi assistere da un rappresentante dell’associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato o da un avvocato o da un consulente del lavoro,che  nella circostanza  opera in posizione di terzieta’

Cio’ detto,si fa notare che il legislatore nel comma 2 dell’art.2 del decreto delegato n.81/15  si è preoccupato di  mantenere regolarmente praticabili   alcune specifiche collaborazioni   ,ossia:

a)le collaborazioni per cui sono previste, dagli accordi collettivi stipulati dalle confederazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale ,discipline specifiche  in ordine al   trattamento economico e normativo, giustificate da particolari esigenze produttive ed organizzative del settore di riferimento (esempio: attivita’ call center,  per  cui già è vigente una specifica disciplina collettiva);

b)le collaborazioni prestate nell’esercizio di professioni intellettuali per le quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi professionali(commercialista, avvocato,consulente lavoro ,medico,ecc)

c)le attività prestate nell’esercizio della loro funzione dai componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società e dai partecipanti a collegi e commissioni ,trattandosi di prestazioni in attività,che per la sua specifica modalità operativa, non può non esser definita   una collaborazione genuina;

d)le prestazioni di lavoro rese a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal C.O.N.I. come individuati e disciplinati dall’articolo 90 della LEGGE 27 dicembre 2002, n. 289

Le predette collaborazioni fanno eccezione alla   disposizione del comma 1 dell’art.2 del decreto n.81/15 , a patto e condizione purche ‘  esse  trovino   pratica realizzazione  nel rispetto delle disposizioni legislative in materia.

Infine ,   ,riguardo alle    pp.aa., è da evidenziare che:

1)fino al completo riordino della disciplina dell’utilizzo dei contratti di lavoro flessibile da parte delle pubbliche amministrazioni, la disposizione di cui  sopra non trova applicazione nei confronti delle medesime;

2) dal 1° gennaio 2017 è comunque fatto divieto alle pubbliche amministrazioni di stipulare le collaborazioni caratterizzate da    prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro

 

B) Revisione disciplina mansioni(art.3)

Tra le disposizioni riguardanti la revisione delle tipologie dei rapporti di lavoro  , figurano quelle che l’art.3,composto da due commi , dedica  al mutamento delle mansioni del lavoratore dipendente

Nel primo comma è contenuto  il nuovo testo dell’art.2103 c.c.,  composta   dai  seguenti nove commi :

1.Il lavoratore deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti all’inquadramento superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni riconducibili allo stesso livello e categoria di inquadramento delle ultime effettivamente svolte

2.In caso di modifica degli assetti organizzativi aziendali che incide sulla posizione del lavoratore, lo stesso può essere assegnato a mansioni appartenenti al livello di inquadramento inferiore purché rientranti nella medesima categoria

3.Il mutamento di mansioni è accompagnato, ove necessario, dall’assolvimento dell’obbligo formativo, il cui mancato adempimento non determina comunque la nullità dell’atto di assegnazione delle nuove mansioni.

4.Ulteriori ipotesi di assegnazione di mansioni appartenenti al livello di inquadramento inferiore possono essere previste dai contratti collettivi.

5.Nelle ipotesi di cui al secondo e quarto comma, il mutamento di mansioni è comunicato per iscritto, a pena di nullità, e il lavoratore ha diritto alla conservazione del livello di inquadramento e del trattamento retributivo in godimento, fatta eccezione per gli elementi retributivi collegati a particolari modalità di svolgimento della precedente prestazione lavorativa.

6.Nelle sedi di cui all’articolo 2113, quarto comma, o avanti alle commissioni di certificazione, possono essere stipulati accordi individuali di modifica delle mansioni,della categoria e del livello di inquadramento e della relativa retribuzione,nell’interesse del lavoratore alla conservazione dell’occupazione, all’acquisizione di una diversa professionalità o al miglioramento delle condizioni di vita. Il lavoratore può farsi assistere da un rappresentante dell’associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato o da un avvocato o da un consulente del lavoro.

7.Nel caso di assegnazione a mansioni superiori il lavoratore ha diritto al trattamento corrispondente all’attività svolta e l’assegnazione diviene definitiva, salva diversa volontà del lavoratore, ove la medesima non abbia avuto luogo per ragioni sostitutive di altro lavoratore in servizio, dopo il periodo fissato dai contratti collettivi, anche aziendali, stipulati da associazioni sindacali comparativamente più  rappresentative sul piano nazionale o, in mancanza, dopo sei mesi continuativi.

8.Il lavoratore non può essere trasferito da un’unità produttiva ad un’altra se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive.

9.Salvo che ricorrano le condizioni di cui al secondo e quarto comma e fermo quanto disposto al sesto comma, ogni patto contrario è nullo».

Il comma 2   dell’art.3  ,invece prevede l’abrogazione dell’art.6 della LEGGE 13 maggio 1985, n. 190 ,ricordando che tale disposizione ,a tutela dei lavoratori appartenenti alla categoria dei quadri,recita: “In deroga a quanto previsto dal primo comma dell’articolo 2103 del codice civile, come modificato dall’articolo 13 della legge 20 maggio1970, n. 300, l’assegnazione del lavoratore alle mansioni superiori di cui all’articolo 1 della presente legge ovvero a mansioni dirigenziali, che non sia avvenuta in sostituzione di lavorato assenti con diritto alla conservazione del posto, diviene definitiva quando si sia protratta per il periodo di tre mesi o per quello superiore fissato dai contratti collettivi.”

Onde individuare  il pieno  significato e le reali  conseguenze derivanti dalla sostituzione del testo    precedente     dell’art.2013 cc con quello nuovo ,  si ritiene confacente   esaminare   singolarmente le norme   dal nuovo testo ,  così da evidenziare eventuali variazioni rispetto a quello previgente.,che senza dubbio  era caratterizzato da una certa rigidità in materia di mutamento delle mansioni dei dipendenti, con conseguente difficolta’ per i processi di riorganizzazione aziendale.

Invece, con l’entrata in vigore dell’art 3  del   Decreto  delegato n.81/15  in si ritiene che potrebbero cambiare gli scenari in materia e per rendersene conto appare adeguato richiamare l’attenzione  sui testi  del  vecchio e del nuovo comma 1 dell’art.2013 c. c.

 Il vecchio comma 1 dispone:”Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti alla categoria superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte, senza alcuna diminuzione della retribuzione”

Il  nuovo comma 1 stabilisce:  “Il lavoratore deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti all’inquadramento superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni riconducibili allo stesso livello di inquadramento delle ultime effettivamente svolte”.

La novita’   rilevante  sta  nella previsione, inserita nella  parte finale del nuovo comma 1 ,che  il lavoratore puo’ anche ” essere adibito… a mansioni riconducibili allo stesso livello di inquadramento delle ultime effettivamente svolte” ,quindi , rispetto al passato, è scomparso qualsiasi riferimento alla “equivalenza delle mansioni”, con la conseguente affermazione della utilizzazione “trasversale” del prestatore con l’unico limite rappresentato dall’inquadramento nella categoria

In tale riscrittura emerge, innanzitutto, l’eliminazione della garanzia per i lavoratori – in caso di mutamento unilaterale delle mansioni – costituita dal rispetto della cd. “equivalenza” tra le precedenti disimpegnate   e quelle alle quali si è stati unilateralmente spostati.

L’equivalenza – presente nel vecchio testo dell’articolo 2103 del codice civile a salvaguardia da demansionamenti e dequalificanti degradazioni – è stata sostituita dalla legittimazione per il datore ad assegnare insindacabilmente il lavoratore a mansioni diverse, alla sola condizione che siano “mansioni riconducibili allo stesso livello di inquadramento delle ultime effettivamente svolte”.

Ossia,fermo restando il livello d’inquadramento contrattuale ,il datore di lavoro puo’,  al fine di soddisfare  esigenze aziendali, disporre  che il dipendente  passi  dalle mansioni svolte    ad altre  ,  che il ccnl  parimenti  prevede     per il livello d’inquadramento  del  lavoratore  interessato.

Esempio: Il CCNL Conf Commercio, per il lavoratore inquadrato al livello V ,prevede che a questo livello appartengono i lavoratori che eseguono lavori qualificati per la cui esecuzione sono richieste normali conoscenze e adeguate capacità tecnico pratiche, comunque conseguite e cioè,tra le altre: preparatore di commissioni, addetto al controllo delle vendite;archivista, protocollista; campionarista, prezzista  ;aiuto banconiere di spacci di carne

Con l’entrata in vigore  del nuovo testo del comma 1 il datore di lavoro,a fronte di esigenze organizzative e produttive  ha   facolta’ di mutare le mansioni del prezzista in quelle dell’aiuto banconiere di spacci di carni .

Pertanto, il concetto di equivalenza professionale – che prima era riferito al

patrimonio professionale del dipendente, a prescindere dal livello contrattuale e

legale di inquadramento – ora è invece rimesso proprio alla disciplina del contratto

collettivo, essendo consentito il mutamento delle mansioni del lavoratore tra quelle indicate nello stesso livello di inquadramento del CCNL

Nel  nuovo comma 2 si apre al demansionamento ,prevedendo che ,  a seguito di modifica degli assetti organizzativi    aziendali  incidenti  sulla posizione del lavoratore,  esso  possa  essere destinato a svolgere  a mansioni appartenenti al livello di inquadramento inferiore.

La riscrittura dell’articolo 2013 del codice civile accorda in aggiunta al datore di lavoro – in presenza di processi di ristrutturazione o riorganizzazione aziendale e negli altri casi individuati dai contratti collettivi – la possibilità di poter modificare le mansioni di un lavoratore mediante una degradazione a mansioni inferiori di non più di un livello sottostante, senza modifiche  del suo trattamento economico (salvo il venir meno di trattamenti accessori legati alla specifica modalità di svolgimento del precedente lavoro).

Peraltro,a fronte del mutamento di mansioni   , nel  comma 3 si stabilisce che lo stesso ,se necessario  ,è accompagnato dall’assolvimento dell’obbligo formativo, con la precisazione che il  mancato adempimento dell’obbligo formativo non determina comunque la nullità dell’atto di assegnazione delle nuove mansioni .

Quanto sopra riportato ,suggerisce alcune precisazioni che trovano esplicitazione  di seguito

In primo luogo,. si constata che la variazione degli assetti produttivi aziendali rientra tra i poteri organizzativi dell’imprenditore e che la stessa deve incidere direttamente sulla posizione lavorativa del soggetto interessato come, nel caso, ad esempio, della soppressione del posto di lavoro a seguito della introduzione di procedure di razionalizzazione o di esternalizzazione di parte dell’attività.

In secondo luogo si rimarca il limite dello “ius variandi in peius”: un solo livello all’interno della categoria di inquadramento, senza alcuna possibilità, ad esempio, di retrocedere il lavoratore da una posizione impiegatizia ad una di operaio.

In terzo luogo si fa riferimento all’esercizio di tale demansionamento ,che pare rientrare nel mero potere discrezionale del datore di lavoro.

Infine si rimarca che il mutamento delle mansioni deve essere accompagnato, ove necessario (valutazione che deve fare l’imprenditore), da un percorso di aggiornamento formativo che, ovviamente, è strettamente correlato alle nuove mansioni da svolgere ,aggiungendo pero’ che se man non è intaccata la validità dell’assegnazione

Il comma 4 disciplina ulteriori ipotesi di   mansioni inferiori che possono essere stabilite dalla contrattazione collettiva ,mentre manca uno specifico riferimento al livello,così che è possibile     che gli accordi siano stipulati anche a livello aziendale e questo in base all’art.51. del Decreto Legislativo il cui testo è riportato nella “Introduzione preliminare “di questo documento in

Nel comma 5 si dispone che in caso di demansionamento , come previsto dai commi 2 e 4 ,il livello di inquadramento e la retribuzione  sono conservati al lavoratore , fatta eccezione per gli elementi retributivi collegati a particolari modalità di svolgimento della precedente prestazione lavorativa

In merito alla previsione del comma 5 ,si ritiene di rappresentare che l’assegnazione alla nuova attivita’ per mutamento di mansioni, sia disposta in forma scritta , con  l’aggiunta delle motivazioni pur se la norma tace sul punto, precisando to che con il declassamento al livello inferiore il lavoratore mantiene il livello di inquadramento ed il trattamento retributivo in godimento, con  la sola perdita delle indennità e degli elementi retributivi strettamente correlati alle modalità di svolgimento della precedente mansione lavorativa ,quali l’indennità di cassa o di rischio .

Il  comma 6  consente che  nelle sedi di cui agli articoli 185, 410 e 411, 412-ter e 412-quater del codice di procedura civile o avanti alle commissioni di certificazione di cui all’articolo 76 del decreto legislativo n. 10 settembre 2003, n. 276, possono essere stipulati accordi individuali di modifica delle mansioni, del livello di inquadramento e della relativa retribuzione, nell’interesse del lavoratore  con riferimento

a) alla conservazione dell’occupazione: il lavoratore potrebbe essere destinatario di un provvedimento di recesso. In sostituzione   si potrebbe disporre un demansionamento anche per più di un livello, un cambio di categoria, di livello di inquadramento o della retribuzione facendo salvo il èrincièpio dell’. 36 della Costituzione ;

b)all’acquisizione di una diversa professionalità :tale ipotesi ad esempio potrebbe riguardare il caso che in un determinato reparto si stia sviluppando un prodotto innovativo e si registri un interesse del lavoratore, sulla base del proprio bagaglio formativo e professionale, a sviluppare una certa esperienza cambiando anche categoria di inquadramento

c) al miglioramento delle condizioni di vita: si avrebbe nell’ipotesi di trasferimento in una unità produttiva aziendale più vicina all’abitazione dell’interessato ,così da eliminare fenomeni di “pendolarismo”, accettando  un diverso  inquadramento.

L’accordo tra le parti va raggiunto in una “sede protetta”, individuate dal comma citato come segue :giudice del lavoro ,Commissione Provinciale di Conciliazione ,sede sindacale di conciliazione ,Commissione di Certificazione, presso cui si ritiene preferibile preferibile, presenzi il lavoratore interessato, trattandosi di questionev riguardante la sua personale sfera ,facendosi assistere eventualmente da un rappresentate sindacale ,avvocato o consulente del lavoro ,con esclusione per l’assistenza di altri soggetti ,pur se equiparati ai consulenti del lavoro ex lege n.12-79 ed in proposito si richiama la circolare del Mlps n.3/2013 .

Nel comma 7  si  stabilisce che l’assegnazione diviene definitiva, salva diversa volontà del lavoratore (prima non prevista), ove la medesima non abbia avuto luogo per ragioni sostitutive di altro lavoratore in servizio, dopo il periodo fissato dai contratti collettivi, anche aziendali, stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o, in   mancanza, dopo sei mesi continuativi ,registrandosi così un’altra modifica ,rispetto al testo precedente,  costituita appunto dall’allungamento da 3 a 6 mesi dell’arco temporale superato il quale, con prestazione continuativa, il lavoratore matura il diritto all’assegnazione definitiva  alle mansioni disimpegnate.

Resta inteso che la contrattazione collettiva, anche aziendale,puo’ fissare il suddetto arco temporale in misura superiore ai 6 mesi.

 Il comma 8  statuisce  il divieto di trasferimento. da un’unità produttiva ad un’altra se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive.

Vale a dire che, mentre  è possibile che unilateralmente il datore di lavoro  disponga il mutamento delle mansioni nell’ambito del livello di inquadramento    ed anche il demansionamento ,   non risulta consentito disporre  il trasferimento del lavoratore ,in assenza  di comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive aziendali.

Sul punto ,anzitutto, sembra opportuno porsi la seguente domanda : Si può parlare di trasferimento pur se le unità produttive insistono sullo stresso ambito comunale? Poiche’ pure nella nuova norma non si prevede alcuna indicazione riferita alla distanza tra le sedi aziendali interessate,la risposta dovrebbe essere affermativa

Per la nozione di unita’ produttiva ,pare consono riportarsi al contenuto della senttenza della Cassazione del 26 maggio 1999, n. 5153.

In caso di trasferimento senza il rispetto delle previsione dell’art.2103 cc ,fermo restando che appare sempre possibile il ricorso ex art. 700 cpc, si ritiene che il provvedimento sia nullo,  per violazione di una norma imperativa, il trasferimento adottato senza le comprovate esigenze aziendali ed a ritenere illegittimo il provvedimento di licenziamento intimato a seguito del rifiuto a d l comma 9 ribadisce la nullità di ogni patto contrario alla previsione dell’art. 2103 c.c. ma, a differenza del passato,  ove la disposizione era senza eccezioni, nel nuo testo sono fatte salve le condizioni previste dai commi 2 (modifica degli assetti organizzativi), 4 (ipotesi fissate dalla contrattazione collettiva) e 6 (accordo tra le parti in “sede protetta”).

Da ultimo, il Legislatore delegato interviene sulla legge n. 190/1985 ,che riguarda il riconoscimento giuridico dei quadri intermedi, abrogando l’art. 6 con il quale si affermava che in deroga a quanto previsto dall’art. 2103 c.c., l’assegnazione del lavoratore a mansioni superiori o a mansioni dirigenziali, che non era avvenuta in sostituzione di lavoratori assenti con diritto alla conservazione del posto, diveniva definitiva se si era protratta per tre mesi o per il periodo superiore fissato dalla contrattazione collettiva. Tutto questo appare coerente con la nuova disciplina contenuta nell’art. 2103 c.c. riformato.

Prima di concludere sull’argomento ,si ritiene confacente elencare le  situazioni che, secondo la legislazione   attualmente vigente , legittimano il demansionamento dei dipendenti :
a) è  possibile attribuire a mansioni inferiori un lavoratore ai sensi dell’art. 4, comma 4, della legge n. 68 del 1999 in materia di diritto al lavoro dei disabili,conservando la retribuzione

b) un altro caso in cui il lavoratore può essere adibito a mansioni inferiori  si ha  quando ,ai sensi del Testo unico n.81/88 sulla salute e sicurezza sul lavoro, egli viene considerato dal medico competente inidoneo alla mansione specifica. , mantenendo comunque il diritto alla retribuzione corrispondente alle mansioni precedentemente svolte, nonché la qualifica originaria

c) un’ulteriore ipotesi di demansionamento è prevista  a seguito  degli accordi sindacali stipulati nel corso di procedure per la dichiarazione di mobilità che prevedono il riassorbimento totale o parziale dei lavoratori ritenuti eccedenti. In questo caso infatti è  stabilita dall’art.4 ,comma 11 della legge n.223/91 una deroga alla normativa dell’art. 2103 del codice civile in merito all’assegnazione di mansioni diverse da quelle svolte  ,prevedendosi che” Gli accordi sindacali stipulati nel corso  delle  procedure  di cui al presente articolo, che prevedano il  riassorbimento  totale  o parziale dei lavoratori ritenuti eccedenti, possono  stabilire  anche in deroga al secondo comma dell’articolo 2103 del  codice  civile  la loro assegnazione a mansioni diverse da quelle svolte”,mentre la giurisprudenza ha chiarito fermo restando il livello d’inquadramento

d) l’art. 10, comma 3, della legge n. 68/1999: il lavoratore disabile che si è aggravato nel corso del rapporto di lavoro è soggetto ad accertamenti sanitari attraverso le strutture pubbliche, sia su propria richiesta che del datore di lavoro: essi devono tendere ad accertare se, nonostante le minorazioni, è possibile la continuazione del rapporto. Il datore di lavoro, attuando, se necessario, adattamenti nella organizzazione del lavoro, deve uniformare il proprio comportamento al mantenimento del posto di lavoro, attraverso anche un demansionamento, con la conservazione della retribuzione: soltanto se tutto questo non è possibile si può procedere alla risoluzione del rapporto di lavoro;

e)l’art. 42, comma 1, del D.L.vo n. 81/2008: il datore di lavoro, in relazione ai giudizi formulati dal medico competente ex art. 41, comma 6 (inidoneità totale o parziale alle mansioni), attua le misure indicate dallo stesso e qualora prevedano una inidoneità alla mansione specifica deve adibire il lavoratore, ove possibile, a mansioni equivalenti o, in difetto, a mansioni inferiori garantendo il trattamento economico corrispondente alle mansioni di provenienza;

f)l’art. 15 del D.L.vo n. 66/2003: si tratta delle disposizione che trova attuazione allorquando sopraggiungano condizioni di salute che comportino l’inidoneità alla prestazione di lavoro notturno, accertata dal medico competente o dalle strutture sanitarie pubbliche. Il lavoratore deve essere assegnato al lavoro diurno, in altre mansioni equivalenti, se esistenti e disponibili, con rinvio alla contrattazione collettiva della definizione delle modalità di applicazione e della individuazione delle soluzioni nelle quali non risulti applicabile l’assegnazione sopra citata.

C)  Superamento   contratto  a progetto ,  collaborazione occasionale ed altre prestazioni lavorative rese in regime di lavoro autonomo(art.52 cc 1 e 2)

Il comma 1 dell’ art.52 del decreto in esame   dispone   l’abrogazione dal 25 giugo 20215  degli articoli dal 61 al 69 bis del D.L.vo n. 276/2003 ,precisando che gli stessi restano in vigore esclusivamente per disciplinare transitoriamente i contratti   indicati nel titolo gia’ stipulati ed in atto  alla data  predetta   .Il comma 2   ,invece ,dichiarando   che  “resta salvo quanto disposto dall’art. 409 cpc”   , a far data dal 25 giugno 2015, attribuisce alla disposizione  richiamata  un ‘efficacia particolare   in materia di collaborazioni coordinate e continuative , come sara’ precisato piu’ avanti.

Ma  procediamo  con ordine.

Anzitutto , richiamando il  comma 1 dell’art.52 in esame ,  va preso  atto che nell’ambito delle disposizioni del dec-.legvo n.276/03    rientrano in particolare i commi 1 e 3,secondo comma , dell’art.61 ,nonché l’art.69 bis.

Il  comma 2 del’art.61 concerne  le prestazioni occasionali, intendendosi per tali i rapporti di durata complessiva non superiore a trenta giorni nel corso dell’anno solare ovvero, nell’ambito dei servizi di cura e assistenza alla persona, non superiore a 240 ore,con lo stesso committente,    sottratte alla disciplina del lavoro a progetto, salvo che il compenso complessivamente percepito nel medesimo anno solare risultasse superiore a 5 mila euro

Il comma 3 ,secondo periodo dell’art.61,riguarda  le collaborazioni coordinate e continuative ,realizzate dai pensionati di vecchiaia , anch’esse escluse dalla disciplina del lavoro a progetto.

L’art. 69-bis. si riferisce alle  ” Altre prestazioni lavorative rese in regime di lavoro autonomo”.

L’ abrogazione dal 25 giugno 2015   delle norme contenute nei suddetti articoli 2015 , comporta che da tale data non sarebbero piu’ instaurabili

a) i contratti di collaborazione coordinata e continuativa a progetto

b) le mini cococo con prestazioni fino a 30 giorni  e le collaborazioni rese nell’ambito dei servizi di cura e assistenza alla persona, per un massimo di 240 ore annue ,comportanti compensi d’ importo sino a 5000 euro

c) le collaborazioni con i pensionati di vecchiaia;

ricordando che le prestazioni di cui alle lettere b) e c) , esenti dall’obbligo del progetto , trovavano legittimita’ in norme espressamente abrogate dal 25 giugno 2015

Allo stesso tempo, deve evidenziarsi che   dalla medesima data sono venuti meno i requisiti specifici introdotti con l’art. 69 – bis dalla legge n. 92/2012  agli effetti della   genuinità delle c.d. “partite IVA” , vale a dire il requisito :

1) della collaborazione con lo stesso committente per 8 mesi per 2 anni consecutivi,

2) del  corrispettivo derivante dalle collaborazioni, riconducibile allo stesso centro di imputazione di interessi, pur se in favore di soggetti diversi, superiore all’80% nell’arco di due anni solari consecutivi,

3) della postazione fissa presso una delle sedi del committente

restando salve ,invece, le ipotesi di conoscenze teorico – tecniche di grado elevato o valore reddituale complessivo superiore ad una determinata soglia ( art. 69 – bis, comma 2, lettera b) o prestazioni professionali per le quali viene richiesta l’iscrizione in albi o registri professionali, individuati dal D.M. 20 dicembre 2012 (comma 3).

E da dire ,anzitutto ,che l’abrogazione degli articoli da 61 a 69 –bis fa venir meno anche tutta una serie di diritti “minimi” strettamente correlati alle collaborazioni a progetto ( ad esempio,quelli indicati dall’art.66 per gravidanza ,malattia ed infortuunio ).

Per quanto concerne i titolari di partita IVA, il venir meno dei requisiti generali cui si faceva cenno  sopra,  comporta che la prestazione sara’ da considerare come subordinata in presenza delle prove storiche , che concernono la mancanza di autonomia, l’assoggettamento al potere direttivo e disciplinare dell’imprenditore, l’uso dei mezzi di lavoro del datore, l’inserimento stabile all’interno di un processo produttivo, così come avviene nel settore edile, dove il Mlps ha fornito   specifici chiarimenti    per contrastare efficacemente   il fenomeno delle false partite IVA e dei falsi artigiani.

In tale situazione , si potrebbe   registrare un effetto positivo ,ossia un maggior  ricorso al lavoro autonomo ex art.2222 c.c.

Ma oltre a questo , viene da chiedersi cosa succedera’ in prospettiva   ai co.co.co a progetto in corso al 25.6.29015 , tenendo conto del nuovo regime incombente ed efficace dall’1 .1.2016.

La risposta   è   che

A) quelli    caratterizzati da etero direzione ed etero organizzazione certe , potranno   tranquillamente  superare la data fatidica, a meno che  che le parti non decidano una risoluzione anticipata consensuale, proseguendo fino alla realizzazione del progetto

B)quelli per cui ,invece, sorge fondato  dubbio circa l’effettva sussistenza dei requisiti suddetti , hanno la possibilità di utilizzare dall’1.1.2016 “la stabilizzazione” ,disciplinata dall’art.54 del decreto 81/15 , a meno che   non si pervenga alla determinazione di trasformare il rapporto a progetto nel corso del 2015 in rapporto a tempo indeterminato, utilizzando l’ agevolazione ex legge finanziaria n.190/14

Inoltre , a chi domanda quali siano le collaborazioni coordinate e continuative che sara’ consentito legittimamente realizzare, si suggerisce di tener conto del comma 2 dell’art.52 in esame,che ,come sopra detto ,acquista un’efficacia normativa particormente significativa ,in relazione ai fini cui e’ destinato

Infatti ,ricordato che il citato comma 2 dispone :” resta salvo quanto disposto dall’art. 409 cpc” ,nonche’ evidenziato che tale norma ,come è risaputo, individua la competenza del giudice del lavoro per la cognizione di una serie di rapporti ,affermando  rientrare nella giurisdizione del giudice del lavoro , oltre ai rapporti di agenzia e di rappresentanza commerciale , “altri rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione di opera continuativa e coordinata , prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato” ,è evidente che la risposta al quesito di cui sopra è:” quanto disposto dall’art.409 c p c”

Vale a dire che , venuti meno dall’ambito dell’ordinamento giuridico i contratti di collaborazione a progetto e quelli    correlati agli stessi attraverso le norme contenute negli artt 61 e seguenti del D.L.vo n. 276/2003,dal 25 giugno 2015 sono possibili rapporti di collaborazione che  , in assenza di una specifica qualificazione degli stessi ,  essendo caratterizzati da determinati   requisiti riportano alla c.d. “parasubordinazione”, in quanto caratterizzati da una prestazione continuativa, coordinata e prevalentemente personale, in cui le prestazioni vengono rese in favore dell’ imprenditore committente ,ma che ,nel rispetto della previsione del comma 1 dell’art.2 del  decreto n.81/2015,  sono anche caratterizzati da etero direzione ed etero organizzazione.

Per la verifica che trattasi di co.co.co genuina appare necessario riscontrare ,tra l’altro,che ricorrano la continuita’, cordinazione e la prestazione personale prevalente.

Ma il compito al riguardo risulta facilitato dalle definizioni delle stesse fornite dalla Corte di Cassazione

Pertanto ,circa

a) la continuita’, si puo’  fare riferimento   alla Suprema Corte ed in particolare alle sentenze n. 9067/1990 n. 6298/1988 , n5698/2002 e 3485/2001,in cui afferma che la prestazione non deve essere occasionale od istantanea, ma si deve protrarre in un arco temporale abbastanza lungo, implicante una reiterazione delle prestazioni ed un impegno costante a favore del committente,aggiungendo che non occasionalità sta a significare “non limitazione” ad una opera specifica e determinata ,ma a prestazioni che si svolgono lungo un determinato periodo, non essendo intesa in senso meramente cronologico, cosa che comporta un certo numero di prestazioni professionali in un determinato periodo di tempo (Cass., n. 5811/1984). La continuità può realizzarsi anche attraverso prestazioni istantanee funzionalmente correlate e destinate a soddisfare un interesse duraturo del committente (Cass., n. 2906/1976).

Alla luce del concetto appena espresso si può formulare una considerazione che riguarda, ad esempio, le c.d. “mini co.co.co.”e  le collaborazioni dei pensionati di vecchiaia. Ebbene, quelle che presentano la caratteristica della continuità e, soprattutto, sono “etero dirette” ed “etero

b) la coordinazione ,sono sempre le indicazioni della Corte Suprema a sciogliere i dubbi in ordine alla sua definizione ,avendo la suddetta dichiarato che la coordinazione richiede che che l’attività sia strutturalmente e funzionalmente collegata alla organizzazione produttiva del committente (Cass., n. 3698/2002; Cass., n. 3485/2001; Cass., n. 9087/1990) e che le direttive imprenditoriali circa le prestazioni da svolgere vanno eseguite, pur essendo le stesse svolte sì in maniera coordinata, ma del tutto autonoma, con il potere del committente che è limitato a chiedere la prestazione dovuta, mancando il potere di determinazione unilaterale delle modalità di esecuzione della stessa,

c) la  prevalente personale prestazione , quale non si può non fare riferimento ancora una volta alle decisioni della Cassazione   n. 12681/2003 e n. 1112/198 , che sono oggettivamente ineccepili. .

Riepilogando e concludendo ,si afferma che , a partire dal 25 giugno 2015,:

1) i nuovi rapporti di collaborazione coordinate e continuativa non dovranno più essere formalizzati come contratti a progetto ,ma semplicemente come collaborazioni   ex art. 409 c.p.c. (quindi senza progetto e senza necessità di un termine finale).;

2)sono sopravvissute non soltanto le cococo in generale ,ma pure le cococo con prestazioni fino a 30 giorni  e le collaborazioni rese nell’ambito dei servizi di cura e assistenza alla persona, per un massimo di 240 ore annue ,comportanti compensi d’ importo sino a 5000 euro ,nonche’ le collaborazioni con i pensionati di vecchiaia , che ,uscite dalla porta per effetto dell’abrogazione dell’ art.61 ,comma 2 e 3 del dec.legvo n.276/03 , disposta dal comma 1 dell’art.52 del decreto n.81/15, poi sono rientrate ,per così dire ,dalla finestra ,cioe’ per effetto del comma 2 del citato art.52,che ha fatto “salvo quanto previsto dall’art.409 del c p c.”

3) per la genuinita’ delle cococo occorre riscontrare sia i requisiti della prestazione prevalentemente personale ,della continuita ‘ e della coordinazione ,ma anche la etero direzione ed etero organizzazione in testa al collaboratore

4) per i contratti a progetto già in essere al 25 giugno 2015 è consentita la proroga, se è funzionale alla realizzazione del progetto, in modo da estendere il contratto anche oltre l’entrata in vigore del decreto in esame,altrimenti  si potrà stabilizzare il rapporto ex art.54/15 dall’1.1.2016 ,ovvero trasformare il rapporto a progetto in un nuovo contratto di collaborazione coordinata e continuativa ,come consentito dalle nuove regole,ovvero trasformare il rapporto di lavoro a progetto nel corso del 2015 in contratto a tempo indeterminato beneficiando dell’esonero contributivo inps triennale previsto dalla legge n.190/2015

D)Superamento dell’associazione in partecipazione con apporto di lavoro

Premesso che l’art.2549 c.c. recita:

1.Con il contratto di associazione in partecipazione  l’associante attribuisce all’associato una partecipazione agli utili della sua impresa o di uno o più affari verso il corrispettivo di un determinato apporto 2.Qualora l’apporto dell’associato consista anche in una prestazione di lavoro, il numero degli associati impegnati in una medesima attività non può essere superiore a tre, indipendentemente dal numero degli associati, con l’unica eccezione nel caso in cui gli associati siano legati all’associante da rapporto coniugale, di parentela entro il terzo grado o di affinità entro il secondo. In caso di violazione del divieto di cui al presente comma, il rapporto con tutti gli associati il cui apporto consiste anche in una prestazione di lavoro si considera di lavoro subordinato a tempo indeterminatomda rapporto coniugale, di parentela entro il terzo grado o di affinità entro il secondo. In caso di violazione del divieto di cui al presente comma, il rapporto con tutti gli associati il cui apporto consiste anche in una prestazione di lavoro si considera di lavoro subordinato a tempo indeterminato 3.Le disposizioni di cui al secondo comma non si applicano, limitatamente alle imprese a scopo mutualistico, agli associati individuati mediante elezione dall’organo assembleare di cui all’articolo 2540, il cui contratto sia certificati dagli organismi di cui all’articolo 76 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, nonchè in relazione al rapporto fra produttori e artisti, interpreti, esecutori, volto alla realizzazione di registrazioni sonore, audiovisive o di sequenze di immagini in movimento  “,,,

si segnala che il superamento di cui al titolo è previsto dall’art.53 del decreto delegato all’esame, in cui si dispone dall’entrata in vigore  del medesimo che :

“1. All’articolo 2549 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni

a) il secondo comma è sostituito dal seguente: «Nel caso in cui l’associato sia una persona fisica l’apporto di cui al primo comma non può consistere, nemmeno  parte, in una prestazione di lavoro»

b) il comma terzo è abrogato

I contratti di associazione in partecipazione in atto alla data di entrata in vigore del presente decreto, nei quali l’apporto dell’associato persona fisica consiste, in tutto o in parte, in una prestazione di lavoro, sono fatti salvi fino alla loro cessazione.Pertanto ,l’art. 53 del decreto ha innovato la nozione di associazione in partecipazione modificando il secondo comma dell’art. 2549 c.c., e stabilendo che se l’associato è una persona fisica il suo apporto“non può consistere, nemmeno in parte, in una prestazione di lavoro”

Dunque in base alla nuova disciplina sono vietati i contratti diassociazione in partecipazione nei quali l’apporto dell’associato persona fisicaconsiste, in tutto o in parte, in una prestazione di lavoro, mentre quelli già in essere rimangono in vigore “fino alla loro cessazione”.

L’associazione in partecipazione tra imprese è fatta salva .

Secondo l’interpretazione sinora dominante l’apporto dell’associato poteva

essere di varia natura, sia patrimoniale che personale, e consistere anche in una

prestazione di lavoro, mentre ora tale possibilità viene espressamente esclusa dal

legislatore.

 

E) Stabilizzazione  di rapporti  dei collaboratori coordinati e continuativi ,anche a progetto, e di persone titolari di partita IVA(art.54)

La stabilizzazione è  consentita  dall’art.54  del decreto delegato in esame , di cui si evidenziano i seguenti   aspetti

a) Rapporti stabilizzabili

Sono stabilizzabili i rapporti di  co.co.co .,anche a progetto  ,e quelli dei  titolari di partita IVA

b)Finalita’perseguite

La disposizione ha la finalita’ di promuovere la stabilizzazione dell’occupazione mediante il ricorso a contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato ,nonché di garantire il corretto utilizzo dei  rapporti di lavoro autonom

c) Periodo  in cui  deve intervenire la  stabilizzazione

La stabilizzazione deve intervenire a decorrere dall’1.1. 2016

d) Soggetti    interessati

I committenti (anche non imprenditori) ed i prestatori  in  rapporti di  co.co.co .,anche a progetto  ,e quelli  con titolari di partita IVA

e) Modalita’ da rispettare

Sottoscrivere un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato ,anche parzial

f) Beneficio  esonero triennale contributi inps

Non spetta ,considerato che le stabilizzazione attraverso assunzioni a tempo indeterminato devono avvenire dall’1.1.2016 ,mentre la legge 190/14 trova applicazioni alle assunzioni  da realizzare    a tempo indeterminato nell’anno 2015 ,salvo che la legge in questione  venga  prorogata

g)Condizioni da rispettare

Si tratta di condizioni, che , riportandosi a provvedimenti emanati in passato, fanno riferimento ad atti di conciliazione destinati ad estinguere possibili pretese economiche che  riguardanti  la   pregressa qualificazione del rapporto.

In primo luogo ,tali accordi vanno sottoscritti davanti alla commissione provinciale di conciliazione istituita presso la Direzione territoriale del Lavoro, in sede sindacale,  ovvero presso gli  organi di certificazione .

Inoltre ,occorre rispettare l’impegno sottoscritto dal    datore di lavoro  di  non recedere dal rapporto di lavoro stabilizzato nei dodici mesi successivi, fatte salve le ipotesi di giusta causa o di giustificato motivo soggettivo.

E ‘ ovvio   che , in caso di licenziamento illegittimo, troveranno applicazione le nuove norme contenute nel Decreto Legislativo sul contratto a tutele crescenti entrato in vigore  dal 7 marzo 201

h) Effetti della sanatoria

Gli effetti della sanatoria   sono di natura normativa ed   economica  ,nel senso che si estinguono le violazioni previste dalle disposizioni in materia di obblighi contributivi, assicurativi e fiscali connessi alla eventuale erronea qualificazione del rapporto precedente,  ad eccezione  delle violazioni  accertate dagli organi di vigilanza prima dell’assunzione.

Il che significa che con l’intervenuta stabilizzazione   si realizza   una “sanatoria tombale” sulle sanzioni.

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testo Decreto Legislativo 15 giugno 2015 n. 81 – Gazzetta Ufficiale

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